13 Ottobre 2024

Attentato a San Pietroburgo: Cosa c’è dietro?

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Trenta persone sono rimaste ferite nell’esplosione, 24 delle quali sono state ricoverate in ospedale, di cui sei in gravi condizioni e tra queste vi sarebbe anche un bambino, ha detto il ministero della Salute russo a causa di un’esplosione avvenuta ieri sera, intorno alle 18:50 ore locali, nel caffè “Street Bar” a San Pietroburgo, in Russia, . La caffetteria si trova sull’argine Universitetskaya nel centro storico della città, sulla riva del fiume Neva, di fronte al famoso edificio dell’Ammiragliato. Nell’attentato ha perso la vita colui che probabilmente era l’obiettivo, il blogger e corrispondente militare Vladlen Tatarsky (il vero nome è Maxim Fomin).

Arrestata la sorella della presunta attentatrice

Gli investigatori hanno arrestato una persona. Si tratta della sorella di Daria Trepova, nata nel 1997. Secondo le prime ricostruzioni sarebbe stata proprio quest’ultima ad introdurre una scatola con una statuetta, un busto di Tatarsky, in cui potrebbe essere stato montato un ordigno esplosivo che – secondo gli esperti -, varierebbe tra 200 e 400 grammi di Tnt. Secondo alcuni media Daria Trepova era stata precedentemente arrestata il 24 febbraio durante una manifestazione contro la guerra, ma al momento è ancora nella lista dei ricercati e potrebbe avere già lasciato la Russia. Amici e parenti sono stati interrogati dai servizi segreti russi.

 

Il bar

L’esplosione si è verificata al bar di Prigozhin che ospita eventi del “cyberclub zeta”, luogo di ritrovo del Kiberfront-Z, un’organizzazione patriottica, tra la Neva e l’università. Il locale sarebbe di proprietà di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo Wagner. Il gruppo Cyber Front Z, sui social si definisce «i soldati dell’informazione russa». Si apprende il bar era stato preso in fitto per una serata dibattito dove lo stesso blogger rimasto ucciso avrebbe dovuto prendere la parola.

Chi era Maksim Fomin

Vladlen Tatarsky (così era conosciuto Maxim Fomin), 40 anni, si era unito alle milizie del Donbass nel 2014 sulla scia del colpo di stato di Maidan a Kiev. Da allora era diventato noto in Russia come blogger e corrispondente sulla situazione nelle Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk. Tatarsky era stato anche autore di diversi libri. La sua popolarità in Russia era cresciuta all’inizio dell’operazione militare russa in Ucraina perché ogni giorno pubblicava video intitolati Vecherny Vladlen (Evening Vladlen) in cui analizzava l’andamento dell’operazione speciale russa, dando anche consigli tecnici alle truppe mobilitate e talvolta criticandole. Tatarsky, seguitissimo sui social con oltre mezzo milione di follower su Telegram, aveva girato e postato un video della cerimonia al Cremlino dove il presidente russo Vladimir Putin ha pronunciato il discorso dell’annessione delle regioni ucraine di Lugansk, Donetsk, Cherson e Zaporizhzhia a seguito delle democratiche votazioni della popolazione.

La statuetta con l’esplosivo

L’agenzia russa Ria Novosti che l’esplosione sarebbe stata provocata dall’esplosivo nascosto in una statuetta, precisando che «c’era una statuetta nella scatola: un regalo destinato al signor Tatarsky». Il ministero degli Esteri russo ha reso omaggio al blogger. Quello che segue è una registrazione mentre viene consegnata la statuetta.

 

In particolare sul ruolo assunto dallo stesso Tatarsky e da Prigozhin sullo sfondo del conflitto in Ucraina. Quello di Tatarsky sarebbe il secondo assassinio programmato ed eseguito in Russia per la guerra in Ucraina dopo quello di Darya Dugina, figlia di Aleksandr Dugin di cui ci siamo già occupati nel canale telegram [QUI], [QUI], [QUI], [QUI], [QUI] e [QUI],

Testimone oculare

Rodion Varezhkin, presente all’evento dentro la caffetteria di San Pietroburgo, ha dichiarato: “Ero seduto a cinque metri da Vladlen quando ha parlato. Ha risposto alle domande. Saranno trascorsi 20-30 minuti dall’inizio dell’incontro, quando è apparsa una ragazza, una delle domande poste, ha detto che avrebbe dovuto ricordarla”. Secondo lui, Tatarsky sembrava la conoscesse e ha scartato il regalo che aveva portato. Pochi minuti dopo c’è stata l’esplosione. Vi sono dei video che riprendono il momento subito dopo l’esplosione.

Alexandr Dugin

Il papà di Darya Gugina, Alexandr, ha pubblicato una foto di sua figlia assieme a Vladlen Tatarsky con queste parole: [QUI]

“Colpiscono lo spirito, il pensiero, l’onestà, la sincerità, il futuro, l’amore. Non toccano i propagandisti a tariffa, uccidono coloro che stanno veramente dalla parte di Dio, dello Spirito, della Russia. […]
Noi non conosciamo il nostro valore. Diamo grande valore alle cose di poco conto, crediamo ai chiacchieroni, ci prostriamo davanti alle autorità, ma non abbiamo idea dei veri tesori del nostro Paese, dei veri eroi del nostro popolo. Vladlen era un vero uomo russo. Vladlen Tatarsky è un cristiano. La gioia della feccia dall’altra parte, il cinismo dell’Occidente: tutto questo è familiare e prevedibile. Ma coloro che in Russia […] non capiscono che Vladlen è morto proprio per noi, per lui, per lei, per voi, al posto vostro, semplicemente non sono persone russe. Gli eroi muoiono perché il popolo viva. […] Questa è la guerra del diavolo contro Dio. Stiamo combattendo questa guerra contro il diavolo”.

Esecutori e mandanti

Esecutori e mandanti sono molto probabilmente gli stessi dell’attentato a Darya Dugina. In quel caso Filippo scrisse: Ci troviamo davanti a un intrigo internazionale che sia per la dinamica, sia per la metodologia, sia per la precisione, vede coinvolti i servizi di intelligence di più Paesi occidentali. I servizi ucraini – peraltro in via di disfacimento -, non avrebbero mai potuto approntare un’operazione del genere in territorio russo, bucando la rete dei servizi russa, senza un supporto esterno. Qui è stato qualcosa di grosso che palesa in primis una qualche falla all’interno dei servizi segreti russi e poi l’intervento di altri servizi di intelligence. I servizi ucraini da soli non avrebbero mai e poi mai potuto portare a termine un attentato del genere nella città di V. Putin . È un affronto aperto alla Russia, al suo pur valido apparato di intelligence e sopratutto a V. Putin in persona. I servizi ucraini hanno potuto fare questo attentato grazie a certe coperture sul territorio che devono avere coinvolto la CIA, l’MI6 e il DGSE con le loro infiltrazioni sul territorio. Infiltrazioni che i servizi ucraini non hanno.

Ma rimane aperta anche un’altra possibilità, secondo cui si tratterebbe di un regolamento di conti all’interno della Russia dove vi sarebbe in questo momento una guerra di potere. Questa è l’ipotesi avanzata da Anna Zafesova, giornalista conoscitrice della Russia riportata dal “Quotidiano Nazionale”, una possibilità con cui s’intende mandare un messaggio “a Putin“ da parte di chi vuole la fine della guerra, oppure addirittura un messaggio “di Putin“ stesso perché, come hanno ipotizzato alcuni politologi di opposizione, se Putin decidesse di venire a più miti consigli e trattare potrebbe avere la necessità di colpire i propagandisti più feroci del “mondo Zeta“, quelli che quando l’esercito russo si era ritirato da Kharkiv o Kherson gridarono al tradimento e chiesero l’uso dell’arma atomica. Questa seconda ipotesi non ce la sentiamo di escluderla ma aspettiamo di ascoltare le congetture di Filippo, proprietario del blog.

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