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La parabola inquietante di un Pastore Evangelico pentecostale armato tra Congo, Israele e Minnesota
© Filippo Chinnici – tutti i diritti riservati
Vance Luther Boelter, 57 anni, è il principale sospettato della sparatoria che ha scosso gli Stati Uniti e attirato l’attenzione internazionale: secondo le autorità del Minnesota, avrebbe assassinato la presidente della Camera del Minnesota Melissa Hortman e suo marito, ferendo gravemente il senatore John Hoffman e la moglie. Il caso, attualmente sotto indagine federale, ha avuto ampia eco mediatica e ha sollevato interrogativi inquietanti sul profilo e le motivazioni dell’attentatore. Secondo le ricostruzioni investigative a seguito della visione delle telecamere di sorveglianza, Boelter si sarebbe presentato nelle loro abitazioni nottetempo, vestito da agente di polizia, indossando una maschera in lattice e utilizzando un SUV con lampeggiante e giubbotto antiproiettile simile a quelli in dotazione alle forze dell’ordine.
L’FBI ha emesso un mandato di cattura federale e offre una ricompensa fino a 50.000 dollari per informazioni che portino al suo arresto e alla condanna. Nell’auto abbandonata del sospetto sono stati rinvenuti un volantino con lo slogan «No Kings» (utilizzato nei movimenti anti-Trump), un biglietto d’auguri per la festa del papà, armi, munizioni e un manifesto con 70 nomi tra cui quelli di Hortman, Hoffman, alcuni sindaci e direttori di cliniche per l’aborto. In alcune pagine si parla di «purificazione dell’America», della «tirannia elettorale», e vi sono riferimenti biblici che evocano una visione apocalittica e violenta della missione.
In un messaggio inviato ai coinquilini poco prima della strage, Boelter scriveva: «Vi voglio bene. Ho fatto delle scelte di cui non sapete nulla, ma sarò via per un po’. Potrei morire a breve». Parole ambigue, dal sapore confessionale, che lasciano intendere un livello di premeditazione profonda e forse anche l’appartenenza a un circuito operativo di più ampia portata.
Ma chi è davvero Vance Luther Boelter?
Ho letto diversi articoli e stranamente nessuno ha detto che ci troviamo di fronte a una persona dai tanti volti, spesso in contraddizione tra loro. Nessuno ha ancora detto, che io abbia conoscenza, ad esempio, che è tra l’altro un pastore evangelico pentecostale. Come mai? Forse una risposta la trovate continuando la lettura.
Vance Luther Boelter ha almeno tre volti: pastore, imprenditore, paramilitare.
Boelter compare ufficialmente come un uomo dalla carriera irregolare. Le sue origini professionali si collocano nel settore alimentare, con incarichi presso le multinazionali Del Monte e Nestlé controllate da determinati circuiti. Successivamente, emerge come figura apicale nella sicurezza privata: è Amministratore delegato della Red Lion Group, registrata nella Repubblica Democratica del Congo, e dirigente della Praetorian Guard Security, compagnia attiva nel Minnesota specializzata in servizi di sorveglianza armata domestica. La Praetorian impiega veicoli in stile poliziesco, solo guardie armate, ed è nota per l’approccio militare al pattugliamento urbano.
Secondo le autorità, Boelter avrebbe agito indossando un’uniforme fittizia e guidando un’auto camuffata da veicolo delle forze dell’ordine. Gli omicidi si sono svolti con estrema precisione: la dinamica suggerisce preparazione tattica militare e conoscenze operative non comuni, non un gesto improvvisato o delirante come i media mainstream lo stanno dipingendo.
Ma è nel secondo volto, quello religioso, che si nasconde, secondo me, il tassello decisivo.
Boelter si presenta infatti come ministro evangelico ordinato nel 1993, formato presso la Christ for the Nations Institute di Dallas – istituto di orientamento pentecostale sionista, e, quindi, fortemente pro-Israele. Insieme alla moglie ha fondato la Revoformation Ministries, con attività missionarie documentate tra il 2021 e il 2023 in Congo, dove predicava in contesti a rischio, inneggiando all’America e al Vangelo come strumenti di restaurazione globale.(QUI) e (QUI)
Operazioni in territori sensibili: coincidenze o strategie? La scheda biografica pubblicata dalla Praetorian Guard Security (ora rimossa) elencava come aree di operatività personale del Boelter: Europa dell’Est, Africa centrale, Nord America, Medio Oriente: in particolare Cisgiordania, Gaza e Libano meridionale.
Tutti teatri di guerra, di instabilità o di tensione diplomatica latente, in cui agiscono tanto forze ufficiali quanto contractor, infiltrati e reti parallele di intelligence. Inoltre, Boelter ha ricevuto addestramento non solo da istruttori militari USA ma anche da società paramilitari private, come egli stesso rivendicava – elemento non trascurabile che indica accesso a strutture riservate o intermediarie tra difesa e intelligence.
Il suo radicamento nella macchina statale del Minnesota è un ulteriore indizio: fu nominato nel 2019 dal governatore Tim Walz all’interno del Governor’s Workforce Development Board, organo con funzioni economiche e strategiche. E dal 2018 al 2022 servì sullo stesso board del senatore John Hoffman, suo futuro bersaglio. Un dettaglio che le autorità stanno ancora “valutando”, ma che potrebbe celare dinamiche più complesse di quelle dichiarate.
Red Lion Group e Praetorian Guard Security: facciata e funzione
Secondo il materiale raccolto, la Red Lion Group, registrata come società con sede nella Repubblica Democratica del Congo, si occupa ufficialmente di agroindustria, pesca, media e sicurezza. Un ventaglio abbastanza ampio.
Ma è proprio il nome a evocare una semantica di tipo sionista: il leone rosso richiama simbolismi legati alla tribù di Giuda, a Gerusalemme, e a operazioni israeliane recenti, come l’attacco Rising Lion iniziato pochi giorni fa contro l’Iran. La coincidenza onomastica non può essere ignorata: essa suggerisce l’intenzionale adesione a un linguaggio operativo tipico della guerra ibrida e della comunicazione criptata militare.
La Praetorian Guard Security, dal canto suo, è formalmente una compagnia di sicurezza privata per famiglie e aziende. Ma il richiamo diretto ai pretoriani romani – guardia personale dell’imperatore, con ruoli spesso oscuri nella manipolazione del potere – colloca la compagnia in una semantica storicamente associata a poteri paralleli, apparati di protezione e controllo non visibili. La scelta dei nomi, in ambito militare e di intelligence, non è mai neutra.
Boelter, in quanto amministratore delegato di entrambe, si presenta dunque come figura centrale di un sistema ibrido: tra protezione privata, copertura evangelica e mobilità geopolitica strategica. Un tale profilo è perfettamente compatibile con gli schemi noti della deniable intelligence (intelligence non ufficiale), che impiega soggetti civili o religiosi in operazioni difficilmente attribuibili.
Precedenti storici
Che predicatori evangelici siano stati impiegati come agenti sotto copertura è un dato storico documentato[Nota 1]. Nel dopoguerra, il pastore pentecostale Henry H. Ness, fondatore delle Assemblee di Dio in Italia, operò con funzioni strategiche a servizio sia dell’intelligence statunitense sia del nascente Mossad israeliano. Allo stesso modo, Frank B. Gigliotti e John McTernan, entrambi attivi in Italia in funzione apparentemente religiosa, furono identificati come agenti della CIA. E questi sono solo i nomi noti riferiti esclusivamente al contesto italiano del dopoguerra: nel mondo, centinaia di pastori evangelici e di agenzie missionarie hanno operato e operano tuttora al servizio di strutture di intelligence, fungendo da strumenti di influenza, destabilizzazione o raccolta informazioni sotto l’apparenza della predicazione.
Boelter non fa eccezione, ma è anzi l’incarnazione aggiornata di questa figura ibrida: predicatore, ma addestrato alla guerra; CEO, ma operativo in territori instabili; patriota, ma anche strumento potenziale di poteri terzi.
Conclusione
La domanda iniziale – Chi è davvero Vance Luther Boelter? – non può ricevere una risposta univoca. Egli non è soltanto un imprenditore, né solo un predicatore o un assassino. È, con ogni probabilità, un operatore multidimensionale, utilizzabile in funzione delle esigenze del momento, interfaccia tra apparati non dichiarati e obiettivi strategici non ufficiali.
La sua biografia è il riflesso di una realtà che si muove tra ombre, pulpiti evangelici e armi: l’evangelismo bellicista del XXI secolo, fuso con la guerra segreta globale. Dietro questi omicidi vi è molto di più di quello che i media ci stanno raccontando.
Nota 1
Numerosi studi storici, documenti declassificati e fonti accademiche confermano che, sin dalla Seconda guerra mondiale, pastori, missionari e predicatori evangelici statunitensi furono regolarmente impiegati come copertura per attività di intelligence in teatri strategici globali. Il fenomeno prese avvio con l’Office of Strategic Services (OSS) e proseguì con la Central Intelligence Agency (CIA), in particolare durante la Guerra Fredda, quando l’evangelismo statunitense divenne un vettore funzionale alla penetrazione ideologica in Europa e nei paesi del cosiddetto “Terzo Mondo”.
Uno dei casi più emblematici fu quello di William Alfred Eddy, missionario presbiteriano e agente OSS durante l’Operazione Torch in Nord Africa, dove operò sotto copertura religiosa per facilitare i contatti con capi tribali e monarchie locali.[1] Lo storico Matthew Avery Sutton, nel volume Double Crossed (2019), documenta decine di casi simili, in cui evangelici vennero reclutati attivamente per scopi di spionaggio, guerra psicologica e influenza culturale.[2]
Parallelamente, Melani McAlister in The Kingdom of God Has No Borders (2018), e successivamente Corrigan, McAlister e Schäfer in Global Faith, Worldly Power (2022), hanno mostrato come i network evangelici internazionali agissero in piena sinergia con gli obiettivi geopolitici statunitensi, specialmente in Africa, Asia e America Latina, anche senza un arruolamento formale da parte della CIA, ma come parte di una convergenza strutturale tra missioni religiose e soft power imperiale.[3][4]
Nel 1977, in seguito a scandali e pressioni etiche, la CIA annunciò pubblicamente la cessazione del reclutamento regolare di missionari e religiosi per operazioni coperte. Tuttavia, il divieto non fu assoluto, ma limitato, con possibilità di deroga in caso di «minacce eccezionali alla sicurezza nazionale» (testuale: unique and special threats to national security).[5] Già nel 1975, tuttavia, il cosiddetto Church Committee Report del Senato degli Stati Uniti aveva denunciato l’uso abituale di missionari e clero da parte dell’intelligence americana, evidenziando i rischi morali e diplomatici della pratica. Il rapporto riconosceva l’esistenza di direttive riservate che autorizzavano eccezioni in casi speciali, pur raccomandando la cessazione della politica per motivi di credibilità internazionale e di etica pubblica[6].
Pertanto, non solo la prassi non fu mai completamente estinta, ma sopravvisse sotto altre forme, più opache e meno ufficiali, in particolare mediante agenzie missionarie delle denominazioni, ONG evangeliche e contractor religiosi attivi in zone di crisi.
Ad esempio, nel dossier pubblicato da Covert Action Information Bulletin (n. 18, 1983) si documenta la persistenza di tali pratiche anche dopo il presunto divieto, sottolineando che il confine tra missione religiosa e operazione d’intelligence restava deliberatamente sfumato.[7] Analogamente, il Time Magazine pubblicò un’inchiesta che sollevava interrogativi sulla sincerità delle dichiarazioni ufficiali della CIA, vista la continuità di progetti missionari in teatri geopolitici sensibili.[8]
In ambito italiano, i casi di John McTernan e Frank Bruno Gigliotti, agenti OSS-CIA e figura di riferimento nel panorama evangelico italo-americano, e di Henry H. Ness, fondatore delle Assemblee di Dio in Italia con contatti diretti con il Mossad, illustrano chiaramente come l’identità religiosa potesse fungere da copertura funzionale all’influenza geopolitica in contesti post-bellici.[9][10]
È altresì accertato che centinaia di missionari protestanti furono attivi come agenti, informatori o facilitatori politici in aree critiche come il Nicaragua, l’Iran, il Vietnam, la Repubblica Democratica del Congo e il Medio Oriente. La sovrapposizione tra “grande mandato evangelico” e “missione imperiale americana” non è un’ipotesi complottista, bensì una tesi storica sempre più solida e fondata, suffragata da una crescente mole di studi, fonti primarie e testimonianze dirette.
Fonti:
- Dossier CIA declassificati, OSS Files on William A. Eddy, National Archives; vedi anche R. A. Strong, Neglected Prophet: William A. Eddy and the OSS in North Africa, Naval Institute Press, 2014.
- Sutton, M. A. (2019). Double Crossed: The Missionaries Who Spied for the United States During the Second World War. Basic Books.
- McAlister, M. (2018). The Kingdom of God Has No Borders. Oxford University Press.
- Corrigan, J., McAlister, M., & Schäfer, A. R. (2022). Global Faith, Worldly Power: Evangelical Internationalism and US Empire. University of North Carolina Press.
- CIA, Public Statements and Restrictions on the Use of Journalists, Clergy and Missionaries, 1977; FOIA Electronic Reading Room.
- United States Senate, Final Report of the Select Committee to Study Governmental Operations with Respect to Intelligence Activities (Church Committee), Book I: Foreign and Military Intelligence, 1975, pp. 453–456. Disponibile online: https://www.intelligence.senate.gov/sites/default/files/94755_II.pdf
- Covert Action Information Bulletin, n. 18, 1983, pp. 15–28.
- Time Magazine, “Missionaries and Espionage: A Question of Ethics”, aprile 1983.
- Sotto l’ombra della Stella.
- Archivio storico, StoriaPentecostale.org