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Proposta shock di PD e M5S: Assoldare ostetriche per gli aborti

Nella giornata di ieri, mentre in tutto il mondo si accendevano candele per ricordare i bambini perduti durante la Giornata mondiale per la consapevolezza del lutto perinatale, nella Sala Caduti di Nassirya del Senato veniva presentato un disegno di legge destinato a spostare l’asse bioetico del Paese. Primo firmatario: Andrea Crisanti, senatore del Partito Democratico. Obiettivo dichiarato: ampliare le competenze delle ostetriche per consentire loro di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).

Un titolo freddamente tecnico — «Modifiche al decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 in materia di attività di competenza dell’ostetrica» — cela un progetto politico e culturale dal potenziale esplosivo: autorizzare figure nate per accompagnare la vita a diventare strumenti di soppressione della vita nascente. Dietro la patina amministrativa, si combatte una battaglia ideologica a viso aperto.

Un disegno di legge che sposta gli equilibri

Il Disegno di legge n. 1399, presentato in Senato da Crisanti con il sostegno del Movimento 5 Stelle, propone di estendere alle ostetriche la possibilità di praticare IVG farmacologica e, previa formazione specifica, anche procedure chirurgiche correlate. L’intero impianto verrebbe disciplinato da un decreto ministeriale di aggiornamento professionale.

Questa modifica dell’articolo 48 del d.lgs. 206/2007 aprirebbe la strada a una redistribuzione silenziosa delle competenze, ma dagli effetti dirompenti: portare l’aborto fuori dalla sfera esclusiva dei medici e normalizzarlo come pratica sanitaria diffusa, accessibile, routinaria.

👉 Fonte: Senato – Fascicolo Ddl 1399 (PDF)

Una tempistica carica di simboli


La proposta è stata presentata il 15 ottobre, data che non è passata inosservata: proprio in quel giorno si celebra la Giornata mondiale per il lutto perinatale, momento di memoria e lacrime per migliaia di genitori. La concomitanza non è neutra: suona come uno schiaffo simbolico, come se il Parlamento avesse scelto di sovrapporre, cinicamente, il giorno del pianto al giorno della pianificazione di nuovi aborti.

👉 Fonte: Post ufficiale Andrea Crisanti

Numeri e retoriche: l’“ostacolo” dell’obiezione

Nel dossier allegato al Ddl si legge la motivazione ufficiale: garantire accesso uniforme alle IVG in tutto il Paese. Tradotto: aggirare l’“ostacolo” rappresentato dai medici obiettori.

Secondo la Relazione annuale del Ministero della Salute (dicembre 2024, dati 2022), l’obiezione di coscienza tra i ginecologi italiani si attesta al 60,5 %, con punte ancora più alte in alcune regioni. Ma parlare di “ostacolo” è già un’operazione semantica. L’obiezione non è un incidente amministrativo: è un diritto costituzionalmente riconosciuto, espressione della coscienza personale e della libertà professionale.

👉 Fonte: Ministero della Salute – Relazione 2024.


Il modello estero: Francia e Svezia come apripista ideologica

I promotori citano con orgoglio due Paesi ormai post-cristiani: Francia e Svezia.

  • In Francia, il Décret n. 2024-367 del 23 aprile 2024 ha conferito alle ostetriche la possibilità di eseguire aborti strumentali negli ospedali.
  • In Svezia, il task-sharing è realtà consolidata: le midwives gestiscono la maggior parte delle pratiche abortive.

Si tratta di modelli che rivelano la traiettoria culturale: de-medicalizzare l’aborto, svuotarlo della sua gravità morale e trasformarlo in un atto sanitario di routine.

L’obiezione di coscienza nel mirino

Ecco il cuore pulsante della questione: il Ddl non è una semplice riforma organizzativa, ma un attacco calibrato alla libertà di coscienza.

Allargando la platea di chi può abortire, si riduce il peso degli obiettori e si aggira l’articolo 9 della legge 194: non frontalmente, ma attraverso una lenta erosione. Non si abroga il diritto, lo si svuota di efficacia.

Gli obiettori vengono dipinti come un “problema da risolvere”, quando in realtà costituiscono una delle ultime barriere etiche all’espansione illimitata della cultura abortista. Ridurre il loro ruolo significa colpire un diritto individuale, una tutela costituzionale e, in definitiva, la libertà dell’uomo di dire no a pratiche che violano la propria coscienza.

👉 Fonte: Relazione 194/1978 – Ministero della Salute

È singolare che il primo firmatario di questa proposta sia lo stesso Andrea Crisanti che, in piena pandemia, fu tra i principali promotori dei vaccini Covid rendendosi ridicolo con una canzoncina di Natale per indurre le persone a vaccinarsi .

‘Vaccini’, va ricordato, che sono prodotti con linee cellulari derivate da feti abortiti. Oggi, con perfetta coerenza ideologica, lo ritroviamo schierato a favore di una strategia che mira a neutralizzare l’obiezione di coscienza e a potenziare l’apparato abortivo.

La vocazione tradita

L’ostetrica è, per definizione, colei che accoglie la vita. Trasformarla in esecutrice di IVG significa profanare il significato stesso della sua vocazione. Si passa dalla custodia al silenzio, dall’accompagnamento alla soppressione, dalla culla al tavolo operatorio.

E quando Crisanti parla della necessità di «rompere una convenzione» per ampliare la platea professionale, ciò che viene infranto non è una convenzione: è un confine morale. Un limite che, una volta oltrepassato, normalizza l’innominabile.

Un Paese che invecchia, una vita che si spegne

L’Italia registra oggi il minimo storico di nascite. Invece di proteggere la maternità, si moltiplicano le norme che facilitano la soppressione della vita nascente. È la logica di un Paese che rinuncia al futuro in nome di una presunta “libertà” che in realtà è solo solitudine organizzata.

Il 14 ottobre 2025, Papa Leone XIV, ricevendo il Presidente Sergio Mattarella, ha ammonito con parole limpide: «Proteggere la vita in tutte le sue fasi, dal concepimento all’età avanzata, fino al momento della morte». Un monito che oggi suona come una linea di demarcazione tra due Italie: quella che difende la vita e quella che la considera negoziabile.

👉 Fonte: Vatican.va – Discorso 14/10/2025

Conclusione

Dietro un testo legislativo apparentemente tecnico si cela una frattura antropologica.

Da una parte, chi concepisce l’aborto come un “servizio” da erogare con efficienza clinico-amministrativa.

Dall’altra, chi crede che la civiltà si misuri dalla capacità di proteggere la vita fragile, non di sopprimerla in modo sempre più capillare e “invisibile”.

In mezzo, le ostetriche: donne formate per accogliere, che rischiano di diventare ingranaggi di un meccanismo ideologico che ha smarrito la sacralità della vita.

E se la storia insegna qualcosa, è che le società che iniziano a spegnere le culle, prima o poi spengono anche la loro luce. Circa quattromila anni fa ci provò il farone d’Egitto, e quell’impero si è estinto (cf Esodo 1, 15ss.).

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