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Lettera aperta di un sacerdote teologo a Leone XIV su Amoris laetitia

La crisi che lacera la Chiesa cattolica da oltre un ventennio non è un duello ideologico astratto, ma una competizione di poteri, reti e apparati, con poste dottrinali e interessi materiali intrecciati. Fonti giornalistiche e giudiziarie indicano che la stagione inaugurata con Vatileaks e culminata nelle dimissioni di Benedetto XVI ha fatto emergere un conflitto per bande, in cui convergono lobby ecclesiastiche e laiche, ipotesi d’influenze massoniche, dossieraggio e lotte per il controllo dei gangli finanziari (IOR e satelliti). È lo stesso quadro delineato — con nomi, documenti e carteggi — da un’inchiesta che parla senza giri di parole di “guerra interna” e di “logge, denaro e poteri occulti” sullo sfondo dell’ascesa del primo pontefice gesuita, e del successivo commissariamento di nodi sensibili della macchina curiale.

Questo scontro non nasce dal nulla. La storia recente del cattolicesimo romano mostra una costante dialettica fra dottrina e “ragion di Stato”: dagli accordi con il regime fascista — ricostruiti sulla base degli Archivi Vaticani e di polizia, con la trama di emissari, scambi riservati e silenzi calcolati — sino alle stagioni più prossime, quando la Santa Sede si è mossa in sinergia o frizione con poteri politici e finanziari per difendere spazi di influenza. Non un teorema, ma un fascio di atti: verbali, dispacci, note riservate, resoconti di trattative e di protezioni concesse in cambio di vantaggi istituzionali. (cfr. David I. Kertzer, The Pope and Mussolini: The secret history of Pius XI and the rise of fascism in Europe),

Dopo il 1968, e poi con gli anni di piombo e la transizione repubblicana, l’Italia ha conosciuto convergenze operative fra servizi segreti, finanza “deviata” e logge coperte. La P2, nella lettura degli atti e delle audizioni, appare meno come folclore e più come uno strumento geopolitico usato (anche) per contenere il comunismo, con intersezioni ricorrenti tra banchieri “di Dio”, circuiti massonici e strutture vaticane. È un precedente che aiuta a capire perché, ogni volta che nel Vaticano esplode uno scandalo finanziario o informativo, riemergano ipotesi di “doppie lealtà” e catasti di elenchi, non sempre attendibili, ma non per questo irrilevanti sul piano del potere.   

Nel vivo dell’ultima crisi, le istruttorie su Vatileaks fotografano un ecosistema in cui dossier su congregazioni e movimenti circolano come munizioni, mentre dentro e fuori le Mura Leonine si cercano prove d’influssi massonici su porporati e funzionari. Che quelle piste siano spesso ibride o inquinate non toglie che, per gli inquirenti vaticani, i fascicoli “massoneria/servizi” siano stati una chiave per leggere la catena delle fughe di carte e le resistenze alle riforme.   

In questo contesto di frizioni sia verticali — dottrina, sacramenti, disciplina — che orizzontali — finanza, informazione, diplomazia — la lettera aperta del Rev. Brian W. Harriso qui pubblicata secondo la traduzione fatta da “Tradizione Famiglia Proprietà”, riapre un fascicolo cruciale: la coerenza del magistero morale su matrimonio, penitenza ed Eucaristia dopo Amoris laetitia. Non è un gesto isolato, ma la voce di un’area ecclesiale che chiede al nuovo pontificato di sciogliere le ambiguità percepite e di “confermare i fratelli” dopo anni di letture difformi e interpretazioni autentiche contestate. La cronaca dimostra che, quando il Vaticano è un campo di forze, le questioni teologiche diventano inevitabilmente anche politiche: perché toccano la mappa dei poteri, gli equilibri tra dicasteri, i rapporti con episcopati e stakeholder globali.

Nel leggere questa lettera aperta del Rev. Brian W. Harrison, dunque, tenga presente tre coordinate verificabili.

  • Primo: la presenza di una “guerra interna” non è una metafora giornalistica, ma una categoria descrittiva che affiora in dossier, interviste e carteggi ufficiali, con ricadute su nomine, controlli e riforme economiche.
  • Secondo: la Santa Sede ha storicamente negoziato con i poteri del tempo, talora fino a patti imbarazzanti, quando ha ritenuto in gioco interessi superiori della Chiesa — un metodo che lascia scorie e crea crepe narrative nella base dei fedeli.
  • Terzo: l’ombra delle logge e dei servizi, al netto di esagerazioni e mitologie, è un fattore che riappare ciclicamente ogni volta che il governo della Chiesa tocca nodi di trasparenza, denaro e consenso.

Solo assumendo questo sfondo, la disputa su Amoris laetitia e sulle sue “note” non apparirà un cavillo, ma l’epicentro teologico di un lungo terremoto istituzionale. (A cura della redazione)

Sua Santità Papa Leone XIV
22 luglio 2025
00120 CITTÀ DEL VATICANO

Santissimo Padre,

Le rivolgo questa accorata petizione riguardo a un problema urgente e praticamente senza precedenti che Vostra Santità ha ereditato dal precedente pontificato. È un problema che io e molti altri cattolici riteniamo tocchi il cuore stesso della missione affidataLe dal Nostro Signore in quanto Successore del Beato Pietro: quella di custodire e insegnare la dottrina incorrotta di Cristo, “trasmessa una volta per sempre ai santi” (Gd 3).

1. Mi riferisco al fatto che il Capitolo VIII dell’Esortazione Apostolica Amoris laetitia (AL) di Papa Francesco, del 19 marzo 2016, insegna dottrine che nessuno dei suoi apologeti è riuscito a conciliare in modo persuasivo con la tradizione magisteriale bimillenaria della Chiesa cattolica, derivata direttamente dalla Sacra Scrittura.

2. La più pressante, dal punto di vista pastorale, è il permesso concesso nella nota 351 di AL, all’articolo 305, di dare la Santa Comunione “in certi casi” a coppie che vivono “in una situazione oggettivamente peccaminosa”, in particolare a coloro che erano stati validamente sposati, ma che poi hanno divorziato e contratto un nuovo matrimonio civile, continuando a convivere more uxorio. Non si tratta, in verità, di un permesso indiscriminato per tutti costoro di ricevere l’Eucaristia. Ma la chiara tradizione della Chiesa è sempre stata che in nessun caso persone in tale situazione possano ricevere la Santa Comunione. Qui sta la contraddizione assai preoccupante.

3. Coloro che cercano di conciliare questo insegnamento con l’ortodossia cattolica fanno notare che è possibile commettere ciò che è oggettivamente un peccato mortale (“materia grave”), ma trovarsi comunque in stato di grazia a causa di fattori soggettivi attenuanti: mancanza di pieno consenso della volontà e/o ignoranza circa la gravità morale dell’atto. Questo è vero, ma irrilevante. I predecessori di Papa Francesco sulla Cattedra di Pietro erano ovviamente ben consapevoli di tali attenuanti. Tuttavia hanno sempre escluso in modo assoluto dalla Comunione chiunque vivesse in adulterio, proprio a motivo del loro stato oggettivo.

4. Come Papa San Giovanni Paolo II ha riassunto e confermato l’insegnamento di tutti i suoi predecessori in Familiaris Consortio, n. 84:
“Non possono essere ammessi [alla Comunione] a motivo del fatto che il loro stato e condizione di vita contraddicono oggettivamente quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa che è significata e attuata dall’Eucaristia. Vi è inoltre un’altra particolare ragione pastorale: se queste persone fossero ammesse all’Eucaristia, i fedeli verrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio.”

In effetti, dozzine di passi scritturistici e interventi magisteriali lungo due millenni testimoniano che negare l’Eucaristia a tali persone è questione di diritto divino, non di semplice disciplina ecclesiastica mutabile.

5. Anche il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che, come conseguenza della loro oggettiva contraddizione della legge di Dio, i divorziati risposati civilmente non possono ricevere la Comunione. La chiara implicazione è che qualunque diminuita imputabilità a livello soggettivo non è sufficiente a giustificarne l’ammissione all’Eucaristia:
1650: “[I divorziati risposati civilmente] si trovano in una situazione che contraddice oggettivamente la legge di Dio. Perciò non possono accedere alla comunione eucaristica finché perdura tale situazione. […] La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza può essere accordata solo a coloro che si pentono di aver violato il segno dell’alleanza e della fedeltà a Cristo, e che si impegnano a vivere in piena continenza” (enfasi aggiunta).
2384: “Il contrarre una nuova unione [dopo il divorzio], anche se riconosciuta dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova allora in una situazione di adulterio pubblico e permanente”
.

In altre parole, il nuovo matrimonio civile, pur rendendo l’unione più rispettabile socialmente, costituisce un’offesa ancora più grave dal punto di vista della legge divina.
2390: “L’atto sessuale deve aver luogo esclusivamente all’interno del matrimonio [valido]. Fuori del matrimonio costituisce sempre peccato grave ed esclude dalla comunione sacramentale” (enfasi aggiunta).

6. In breve, Vostra Santità ha ereditato una situazione in cui vi è una pericolosa autocontraddizione nei documenti stessi della Chiesa. In AL ci viene detto che persone che vivono in relazioni adulterine possono in alcuni casi ricevere l’Eucaristia, mentre non solo i documenti papali e conciliari precedenti, ma anche il Catechismo della Chiesa Cattolica non ammettono alcuna eccezione alla loro esclusione dalla Comunione. Ancora una volta, è la relazione oggettiva che viene detta causare tale esclusione dalla Comunione.

7. Santissimo Padre, alla luce di questa scandalosa incoerenza tra AL e l’insegnamento costante di tutti i precedenti papi e concili, fedelmente riassunto nel Catechismo della Chiesa Cattolica, chiedo rispettosamente che Vostra Santità consideri quali misure possano essere più appropriate per superare questa fonte di disunità e confusione su una questione di grande importanza dottrinale e pastorale, e così “confermare i fratelli nella fede”.
Devotissimo e rispettoso in Cristo,

Rev. Brian W. Harrison, MA, STD
Professore Associato di Teologia (emerito),
Pontificia Università Cattolica di Porto Rico

P. Brian Harrison, SThD

Il Rev. Brian W. Harrison, O.S., M.A., S.T.D., sacerdote della Society of the Oblates of Wisdom, è professore associato emerito di Teologia presso la Pontificia Università Cattolica di Porto Rico a Ponce. Nel 1997 ha conseguito il dottorato in Teologia sistematica, summa cum laude, presso il Pontificio Ateneo della Santa Croce a Roma.

Dopo quindici anni come scholar-in-residence presso il centro studi degli Oblati a St. Louis, Missouri, si è ritirato nella sua Australia natale nel 2022. P. Harrison è noto come conferenziere e saggista, e ha pubblicato tre libri e oltre 140 articoli in riviste e pubblicazioni cattoliche negli Stati Uniti, in Australia, Gran Bretagna, Francia, Spagna e Porto Rico.

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