7 Maggio 2024

Dai Piccolomini ai Gesuiti: una traccia dell’aristocrazia nera

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Anselmus von Hulle, General Ottavio Piccolomini

Ottavio Piccolomini, Duca D’Amalfi, Principe di Hagenau, è stato uno stratega politico ma principalmente un militare. Il suo giovane fratello, Ascanio, era invece un matematico, che poi, divenuto Arcivescovo di Siena, ospitò Galileo Galilei agli arresti domiciliari, proteggendolo e aiutandolo nel concepimento del suo trattato forse più importante: Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze.

L’albero genealogico di questa antichissima famiglia, le cui tracce risalgono ufficialmente all’anno Mille, annovera personaggi distintisi un po’ in tutti campi “notabili”, da quello militare a quello ecclesiastico, ma anche poeti, scrittori, statisti, artisti, scienziati, astrologi, esoteristi, alchimisti e tanto altro.

I Piccolomini erano tra le più potenti famiglie d’Europa tra il XII e XIV secolo, soprattutto nell’Italia centrale, con il fulcro in Siena, emblematico luogo, di cui possono essere considerati i più rilevanti produttori di tesori come la celebre Cattedrale, sul cui pavimento è ritratta l’unica immagine al mondo di Ermete Trismegisto, cioè il Dio Thot degli Egizi.

Lo stemma dei Piccolomini, il cui rango imperituro è di Conti Palatini e Principi elettori del Sacro Romano Impero, è piuttosto fantomatico quanto atipico nell’iconografia araldica: una grossa croce al cui interno sono posizionate cinque mezze lune. Ancora non è ben chiara l’origine di questa scelta, anche se l’ipotesi che simboleggi la prode partecipazione di condottieri di questa famiglia a cinque crociate (le cinque mezzelune islamiche) in nome di Cristo (la croce che le contiene) è piuttosto consistente, ma diversi studiosi vi ricercano ancora un altro significato.

Illustri discendenti oggi

Nel corso dei secoli, il DNA dei Piccolomini si è incrociato con quello di altre grandi famiglie della così detta Aristocrazia nera fino a condurci oggi ad alcuni reali europei loro discendenti diretti come:

  • Juan Carlos I, ex Re di Spagna, attraverso la Casa reale dei Borbone di Spagna e i D’Anjou di Francia; [qui]
  • Alberto II, Re dei Belgi, attraverso la Casata dei Sassonia-Coburgo-Gotha, centrali nell’albero dei Windsor; [qui]
  • Enrico, Granduca di Lussemburgo, nipote di Alberto II, attraverso i casati dei Borbone di Parma e dei Nassau- Weilburg, ma con il proprio cognome alcuni di loro oggi siedono nella Camera dei Lords e altri conservano una confraternita esistente da secoli. [qui]

È interessante notare come in ambiente araldico accademico la genealogia piccolominea ufficialmente sia fatta risalire ai re latini di Alba Longa (che la storia “leggendaria” ci dice fondata da Ascanio, figlio di Enea) e a Porsenna, Re degli Etruschi. Il nome integrale di questo potente sovrano che dominò Roma, era Lars Porsenna, che convaliderebbe le tesi che trovano un collegamento scandinavo negli Etruschi. Effettivamente l’etrusco Larθ corrisponde allo svedese Lars (un classico nome scandinavo) che anglicizzato diventa Lord, ossia “Signore”.

Alla ricerca delle origini

Andando a ritroso negli anni, una tesi avvalorata dal ritrovamento di caratteri e alfabeti runici in numerosi siti etruschi e da un altro recente studio, la Troia dell’Asia Minore sarebbe l’esatta riproduzione di una Troia esistita (o esistente) in territorio scandinavo, o forse britannico, così come delle sue epiche e protagonisti. E quindi vi sarebbe la dominazione di una genia di popoli “bianchi”, che dal Nord Europa e dall’Est, attraverso il Caucaso, conquista e infiltra geneticamente le altre razze, spesso applicando una completa estirpazione genetica.

Potremmo considerarlo come il segno dell’espansione della cultura celtica, di cui, guarda caso, la storia ufficiale non riporta le reali origini, che invece, comparando simbologie, tradizioni, usi e costumi dei popoli indoeuropei (e a volte non) sembra proprio essere il prodotto di una migrazione, peraltro ancora inspiegabile, dei bianchi Arii dall’India, un regno che dominarono per secoli, ma in cui lasciarono conservato il loro linguaggio in codice, il sanscrito (letteralmente “la lingua degli Dèi”).

Tra i tanti sottogruppi che ne sono derivati, abbiamo Traci, Cimmeri, Sicambri, Goti, Vichinghi, Normanni (uomini del Nord), ecc., la cui nobiltà forse fu cristallizzata nei Troiani (quindi negli etrusco-romani, quindi nei Franchi) che dopo aver fondato Roma, Londra, Parigi, Budapest, ecc., come dimostrano molte stampe medievali sui “troiani”, assemblano questa nobiltà in un Impero, sacro e ovviamente romano.

Ad ogni modo, la famiglia risiede a Siena da tempi remoti. Probabilmente la provenienza è longobarda, perché si trova menzione di Martin di Piccolomo e sua moglie Rosanna in un’informazione risalente al 1098 secondo cui in un contratto di compravendita, essi dichiarano di voler vivere conformemente alle leggi longobarde. Il secondo dato degno di fede si riferisce a Montone di Piecolorno, che si sostiene essere discendente del casato dei conti Cadolingi. I membri della famiglia Piccolomini vengono investiti dei maggiori onori cittadini; così sono menzionati come consoli: Piccolomo di Montone (1165) e Rainerio Montonio (1178). Essi possedevano il castello di Val di Monte, che dominava uno dei tre colli, da cui nel corso dei secoli XII e XIII si sviluppò Siena medievale

 

Da Papa Pio II ai reali inglesi passando per il casato di Dracula

Enea Silvio Bartolomeo Piccolomini, primo dei diciotto figli di Silvio Piccolomini e di Vittoria Forteguerri , quest’ultima di famiglia pistoiese dopo lo studio dei classici latini e greci e le bravate con gli amici e la passione per le donne, riceve la nomina a cardinale per poi salire al soglio pontificiocon il nome di Pio II nell’agosto del 1458. Egli conobbe in gioventù, nei santuari della cultura europea, il Principe Vlad III, ovvero Dracula, e nei suoi Commentarii, in cui egli «ripercorre la propria vita, giustificando le sue azioni e fissando un’immagine virtuosa di sé sia come politico, sia come pontefice»(Stefan Bauer, Piccolomini, Enea Silvio), concludendo il terrificante resoconto con la frase:

È uomo di corporatura bella e grande e il cui aspetto sembra adatto al comando. Negli uomini spesso, a tal punto differisce l’aspetto fisico dall’animo.

Malgrado ciò, in realtà Pio II, in impeto di realpolitik, confidava in Dracula per la sua abilità di guerriero e conoscitore di usi e costumi turchi – presso i quali aveva trascorso l’infanzia accanto al sultano Maometto II – ipotizzando che potesse essere il condottiero ideale che lo affiancasse nell’eroica riconquista di Costantinopoli.

Non era poi così rilevante che il Principe di Valacchia (così si chiamava all’epoca quel territorio che coincide per lo più con l’attuale Romania) avesse compiuto i più efferati crimini, impalando, torturando, trucidando decine di migliaia di esseri umani, spesso bevendone il sangue appena sgorgato. Vlad III, anch’esso umanista, poliglotta e raffinato intellettuale, era l’uomo giusto per la giusta causa. È molto probabilmente per questo che nel 1460 Vlad si rivoltò improvvisamente contro il suo compagno d’infanzia Maometto II, combattendolo con tutti i mezzi possibili in quella che la storia chiama la “guerra lampo”, dove il Principe riconquistò per un breve periodo tutti i confini controllati dai Turchi. Era l’anticamera della crociata che il Papa stava preparando, ma che mai si concretizzò, perché Pio II morì prima di partire. [qui]

Il Casato dei Dracula, è un mix di aristocrazia tartaro-mongolica, bizantina (quindi troiana) e scandinava, il cui DNA si è propagato, con le note “distorsioni” caratteriali di alcuni suoi rappresentanti tra cui, oltre che Vlad III, sua cugina Erzebeth Bathory, serial killer di serve, assetata di sangue virginale, attraverso tutta l’aristocrazia europea approdando anch’esso alla casa reale inglese. Come ben metaforizzato nel romanzo di Bram Stocker (membro della Golden Dawn in cui militò Aleister Crowley) dove, al di là della trama e del romanticismo gotico, in sostanza il conte Dracula dal suo cupo castello in Romania si trasferisce, guarda caso, proprio a Londra, dove ha acquistato un immobile. [qui]

In tempi recenti, più volte re Carlo, figlio maggiore della regina Elisabetta II, ha ricordato questa discendenza, e se come ormai sembra certificato (e con l’informatizzazione della tracciatura dei DNA non si scherza) quasi tutti i Presidenti americani discendono dalla famiglia reale inglese, i geni di quella sanguinaria stirpe che i posteri hanno celebrato come sinonimo di vampirismo, oggi sono ben conservati negli uomini che governano e conducono ufficialmente questo “Impero”.

Dagli aragonesi ai Gesuiti

Quando Enea Piccolomini divenne Papa, sua sorella Laudomia sposò suo cugino Nanni di Pietro Todeschini (quindi stesso DNA) da cui nacque Antonio che convolò a nozze con Maria degli Aragona [qui], incrociando anche il casato dei Dracula negli stessi “contenitori” dei Piccolomini anzidetti, e che nel proprio albero, attraverso personaggi come l’imperatore Federico II dei Normanni (ossia Vichinghi, ossia Goti) include re francesi (D’Anjou compresi) spagnoli, tedeschi, principi russi, re dei Franchi come Clodoveo dei Merovingi quindi l’imperatore Carlo Magno.

A questo punto va ricordata la famosa affermazione della defunta Regina d’Inghilterra Elisabetta II al suo insediamento:

Io dichiaro di fronte a voi tutti che l’intera mia vita, per lunga o breve che sia, sarà dedicata al vostro servizio e al servizio della nostra grande famiglia imperiale alla quale tutti apparteniamo.

Fonte

 

Infatti, sono proprio un’unica grande famiglia. Oltre a Pio II e suo nipote Francesco divenuto nel 1503 Papa Pio III, vanno ricordati un altro Francesco, professore di filosofia, che nel 1649 divenne l-ottavo Preposito Generale della Compagnia di Gesù, ossia i Gesuiti, il cos= detto “Papa Nero” per la sua influenza di manovrare da dietro le quinte non solo il pontefice vestito di bianco che tutti vedono ma pure il mondo.

Più recentemente la studiosa aragonese Marisa Azuara ha suggerito che Colombo fosse un nobile sardo nato a Sanluri con il nome di Christòval De Sena Piccolomini, figlio di Salvatore De Sena Piccolomini e di Isabella Alagon d’Arborea, imparentato con Enea Silvio Piccolomini, ossia Pio II, ma le prove non sono convincenti, mentre invece appare sempre più probabile che Cristoforo Colombo fosse un figlio illegittimo di Papa Innocenzo VIII e non sia stato lui ad aver scoperto l’America. [qui] e [qui]

I tempi moderni l’industrializzazione, due rovinose guerre mondiali e l’informatizzazione di massa e una serie di incroci matrimoniali rende alquanto difficile individuare le tracce della così detta “aristocrazia nera”, inclusa quella dei Piccolomini. Di fatto oggi vi sono una serie di incroci di stampo oligarchico che cercano di governare nell’ombra e di cui i mix di Dracula, Rothschild e Rockefeller non sembrano nemmeno in cima alla piramide.

Ampliato e adattato da art. di V. Venturi

Allegati

1 thought on “Dai Piccolomini ai Gesuiti: una traccia dell’aristocrazia nera

  1. Un saluto da parte del cav Claudio lo cascio dalla stupenda Puglia. La terra e la nostra casa, il futuro sono i nostri figli, l universo e la nostra via.

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