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Segnalazione ricevuta grazie all’attività dei ricercatori (specialmente, in questo caso, Raimondo e Tocat) del canale Telegram de La Verità Rende Liberi, che ringrazio per la costante vigilanza e l’acume nel cogliere i segni nascosti del tempo presente.
© di Filippo Chinnici, pubblicato – 10 maggio 2025
Il 7 maggio 2025, prima dell’annuncio ufficiale dell’elezione del nuovo pontefice, una lettera firmata da un certo «Vincenzo Agostini» è stata pubblicata dal quotidiano Il Foglio, noto per la sua linea editoriale liberal-conservatrice e filosionista. Il testo, asciutto ma potentemente evocativo, recita:
Al direttore – Essendo sul Monte Athos il giorno della morte di Papa Francesco, una locale intelligenza bizantina mi ha riferito che il prossimo Papa sarà Leone XIV. Il nome terreno lo si ricava facilmente.
Il conclave era appena cominciato. Eppure, il messaggio anticipava non solo il numero esatto del nome papale (Leone XIV, il primo dopo Leone XIII nel 1903), ma anche, in modo velato ma inequivocabile, l’identità dell’eletto: Robert Francis Prevost, agostiniano e statunitense con doppio passaporto (americano e peruviano) recentemente creato cardinale da Francesco nel settembre 2023.
Contenuti
1. Una firma simbolica, un messaggio cifrato
La lingua ufficiale del Vaticano è il latino, e il nome «Vincenzo Agostini» non è una casualità. Vincenzo, dal latino vincens, allude a chi trionfa. Agostini è un chiaro riferimento all’Ordine di Sant’Agostino, a cui appartiene Prevost. Il mittente, che si presenta come osservatore sul Monte Athos, uno dei luoghi più carichi di misticismo e ascetismo ortodosso, afferma di aver ricevuto la notizia da una “intelligenza bizantina” – espressione ambigua, che può indicare tanto un anziano monaco quanto una struttura di potere informativo parallelo, o, com’è più probabile secondo me, un servizio d’intelligence mascherato.
2. Analisi psicolinguistica del messaggio
Il messaggio è breve, controllato, privo di emotività. Nessun entusiasmo, nessuna vanagloria profetica. Lo stile è ieratico e simbolico. Il lessico sobrio e alto suggerisce un autore colto, probabilmente con formazione teologica o diplomatica. L’intento non è informativo, ma performativo: lasciare una traccia pubblica, «leggibile solo a posteriori», come atto di predizione controllata.
La frase finale «Il nome terreno lo si ricava facilmente» è un invito all’enigmistica intellettuale. Chi conosceva l’appartenenza agostiniana di Prevost e la sua ascesa recente avrebbe potuto decodificare il messaggio. Ma soprattutto, il vero intento sembra essere quello di suggellare pubblicamente una scelta già compiuta altrove, prima ancora che il conclave si riunisse.
3. Il conclave manovrato e la regia esterna
L’elezione di Robert Francis Prevost, pressoché ignorato dai media e mai citato tra i papabili, è giunta come un fulmine a ciel sereno. Ma ciò che i più non vedono è che già da tempo era stato preparato: la sua nomina a Prefetto del Dicastero per i Vescovi, avvenuta a gennaio 2023, lo aveva collocato nel cuore della macchina curiale. E la sua creazione a cardinale, avvenuta solo otto mesi prima del conclave, sembrava un passaggio tecnico, ma si è rivelato il trampolino verso il soglio pontificio.
Tutto ciò suggerisce una regia esterna al conclave stesso. Un potere che agisce prima, sopra e attorno ai cardinali, e che è in grado di influenzarne le decisioni. Quale potere? Le ipotesi convergono su reti transnazionali composte da:
- Fratellanze massoniche e circuiti iniziatici, infiltrati nei ranghi ecclesiastici;
- Apparati di intelligence occidentali, da tempo attivi nel determinare equilibri spirituali funzionali a progetti geopolitici;
- Lobby ideologiche filoatlantiche, alleate della componente sinodale progressista, ma capaci anche di mascherarsi da restauratori ortodossi.
L’aspetto più enigmatico e inquietante è la scelta del quotidiano Il Foglio come destinatario del messaggio. Perché rendere pubblica una soffiata così precisa? Perché affidarla proprio a un organo d’informazione apertamente filosionista, ben inserito nei circoli euro-atlantici e vaticani? Qui si apre una pista ulteriore: è possibile che l’operazione Leone XIV sia parte di una più vasta strategia d’influenza in cui Israele e le sue reti transnazionali giochino un ruolo decisivo, non per motivi religiosi, ma per controllare simbolicamente e politicamente il futuro della Cristianità? (non solo la Chiesa Cattolica) Mostrare in anticipo la propria conoscenza degli eventi potrebbe essere stato un modo per rivendicare un potere egemonico che si manifesta nel silenzio, ma che tutto osserva e tutto orienta.
L’elezione di Leone XIV, apparentemente mite e liturgicamente composto, potrebbe dunque essere il volto spirituale di una continuità strategica: un bergoglismo trasfigurato, che mantiene l’impianto sinodale e l’agenda multilaterale, ma con una tonalità dottrinale rassicurante per neutralizzare l’opposizione interna.
4. Il problema della legittimità
Non si può eludere una domanda capitale. Se, come sostengono molti canonisti e teologi, Benedetto XVI non abdicò validamente al munus petrino, ma solo al ministerium, allora la sua rinuncia era invalida. In tal caso:
- Il pontificato di Francesco sarebbe stato illegittimo;
- Tutti i cardinali creati da lui, compreso Prevost, sarebbero canonicamente nulli;
- Il conclave del 2025 stesso sarebbe viziato nella radice giuridica.
L’eventualità è teologicamente devastante: significherebbe che Leone XIV non è Papa legittimo, ma parte di una sequenza apostatica iniziata con una rinuncia forzata e una usurpazione sapientemente diretta da poteri esterni alla Chiesa Cattolica.
5. Un libro come preannuncio: Il sigillo del Leone
Un altro elemento che lascia interdetti è la pubblicazione, il 4 maggio 2025, del romanzo Il sigillo del Leone, firmato da Matteo Orlando e distribuito da Amazon proprio nei giorni del Conclave. Il protagonista? Un Papa anglofono, amabile ma saldo nella dottrina, che assume il nome di Leone XIV.
L’autore afferma di averlo scritto in un’ora, il 2 maggio, ispirato da una preghiera serale. In soli tre giorni il libro è stato completato, impaginato, revisionato da due noti esponenti del cattolicesimo italiano – Paolo Gulisano (prefazione) e Marco Tosatti (postfazione) – e pubblicato con etichetta independently published su Amazon. Il tutto quattro giorni prima dell’annuncio reale dell’elezione di Leone XIV.
L’intera operazione editoriale appare non solo straordinariamente rapida, ma anche stranamente allineata a quanto poi realmente accaduto: il nome, la provenienza geografica del personaggio, il profilo dottrinale, la tempistica.
Siamo davanti a una coincidenza, a una «Dio-incidenza» come la chiama l’autore, o a un’operazione narrativa accuratamente pianificata per anticipare e legittimare simbolicamente una scelta già maturata altrove? Chi ha realmente concepito questa pubblicazione? Chi detiene l’account di pubblicazione Amazon? A chi andranno gli introiti del volume?
Quando la fiction anticipa il reale con tale precisione, non è più solo romanzo: è un copione preparato, un messaggio trasversale. Il fatto che il romanzo porti lo stesso titolo che noi, indipendentemente, avevamo scelto per il nostro articolo — Il sigillo del Leone — ci sorprende e ci interroga ulteriormente.
Chi c’è davvero dietro questo libro? E chi dietro questa elezione? Le anomalie, ormai, si moltiplicano.
6. Un (con)tributo di 14 milioni da Trump
Un’altra anomalia che merita attenzione riguarda la notizia, riportata anche dal Quotidiano Nazionale, secondo cui Donald Trump avrebbe fatto recapitare al Vaticano un assegno da 14 milioni di dollari in occasione del funerale di Papa Francesco.
Si tratta di una cifra che ha suscitato più di una perplessità, non solo per l’entità, ma per il suo potenziale valore simbolico: «14 milioni», come «XIV», Leone XIV: un dettaglio che — in un contesto dominato da segnali, codici e gesti rituali — non può essere ignorato.
Chiariamo: Trump non è il regista di questa elezione. Semmai è il messaggero di poteri più alti, portavoce operativo di interessi sovranazionali che attraversano il potere religioso, quello politico e quello finanziario. Il presidente statunitense ha da tempo instaurato rapporti con settori del cattolicesimo conservatore e tradizionalista, ma in questo caso appare come parte di una manovra più ampia, in cui il denaro rappresenta il linguaggio universale del consenso e del controllo.
La scelta del cardinale Timothy Dolan come kingmaker americano, e la convergenza su Robert Francis Prevost — figura “equilibrata” (o equilibrista), statunitense di origine e latinoamericano di esperienza — sembrano confermare un disegno ben orchestrato: un candidato ponte tra le Americhe, ammantato di dottrina ma non divisivo, manovrabile ma legittimato.
La donazione può essere letta come un atto di investitura indiretta, una forma moderna del tributo antico, come quando i sovrani stranieri offrivano doni al trono per dichiarare fedeltà o per assicurarsi influenza. E in questo caso, il tributo arriva prima dell’annuncio del nome papale, quasi come un anticipo dovuto.
Dunque, chi controlla il denaro, orienta il conclave? Forse no in modo diretto. Ma prepara il terreno, disegna le alleanze, copre le convergenze. E quando l’eletto porta il numero stesso del tributo, il dubbio si fa domanda.
Conclusione
Ciò che inizialmente poteva apparire come una semplice anomalia si configura ora come una fitta rete di segni convergenti: una lettera inviata il giorno d’inizio del conclave, un romanzo pubblicato quattro giorni prima con il nome esatto del nuovo pontefice, una somma simbolica donata da un attore geopolitico di primo piano, e l’elezione di un candidato apparentemente secondario ma perfettamente funzionale.
In un’elezione che doveva avvenire nel silenzio e nel segreto, troppe voci hanno parlato in anticipo. Troppe coincidenze, troppi sigilli depositati nel campo semantico e simbolico del nuovo pontificato.
La domanda non è più solo «chi è stato eletto?», ma «da chi è stato preparato e per quale scopo?».
Chi spera che Leone XIV rappresenti una restaurazione dottrinale rimarrà deluso. Dietro l’apparente compostezza liturgica, si prepara una forma più sottile e sofisticata di sincretismo globale, travestito da ortodossia e canonicità, ma guidato da dinamiche che non rispondono al Vangelo ma alla geopolitica spirituale del nuovo ordine mondiale multipolare.
Il mistero dell’iniquità è già all’opera (2 Tessalonicesi 2:7)
Aveva due corna simili a quelle di un agnello, ma parlava come un dragone (Apocalisse 13:11).
Se la liberazione delle colombe nel gennaio 2014 fu seguita — nell’arco di pochi secondi — da un’aggressione aerea da parte di un gabbiano e di una cornacchia, sotto gli occhi attoniti di Bergoglio e di tutta Piazza San Pietro, quel gesto fu letto da molti come un presagio della violazione imminente della pace mondiale. E in effetti, pochi giorni dopo, esplose il golpe di Maidan in Ucraina, innescando un conflitto geopolitico duraturo e sanguinoso che, tra escalation militari e manipolazioni diplomatiche, non si è più fermato.
Cosa significa allora — oggi — che un gabbiano, nei pressi della Cappella Sistina, uccide un topo e lo rigurgita per nutrire il proprio piccolo, proprio mentre si elegge un nuovo pontefice?
È forse una rappresentazione cruda di un potere che si nutre della corruzione per alimentare se stesso e la sua futura progenie ideologica?
E ancora: se Bergoglio non era effettivamente papa, chi può dirsi legittimamente papa oggi? E che cosa rappresenta allora l’elezione di Leone XIV, fortemente voluta, sponsorizzata e in ultima istanza “consegnata” da colui che — canonicamente parlando — non aveva titolo per conferirla?
Forse ciò che si presenta come successione apostolica è soltanto il simulacro di una regalità vuota, vestita di abiti papali ma svuotata del munus?
E se il segno ci dice che il topo non viene distrutto, ma digerito e trasformato in alimento, vuole significare che la Chiesa oggi è una struttura politica a perpetuare l’impurità?
Noi de La Verità Rende Liberi continueremo a seguire questa transizione con attenzione e spirito di discernimento. Non per inseguire suggestioni, ma per custodire la verità.
Perché se il mondo applaude ma il Cielo tace, e se parla lo fa con simboli che sembrano più presagi, allora è lì che bisogna cominciare a porsi domande.
Nota della redazione postuma, 11 maggio 2025
In seguito alla pubblicazione del presente articolo, alcuni organi di stampa hanno attribuito la lettera firmata «Vincenzo Agostini», pubblicata su Il Foglio il 7 maggio 2025, a un imprenditore veneto, «Antenna 3» — storica emittente televisiva regionale italiana di Treviso —, che ha intervistato una persona la quale afferma di essere l’autore del messaggi inviato a Il Foglio. L’intervistato afferma che il testo sarebbe suo e sarebbe nato da una semplice intuizione maturata durante un viaggio con il figlio sul Monte Athos, e rifiuta con garbo ogni etichetta di “veggente”.
Prendiamo atto di questa versione, ma riteniamo doveroso segnalare alcune evidenti incongruenze logiche e narrative. La struttura del messaggio pubblicato su Il Foglio — concisa, simbolica, criptica — non sembra compatibile con il tono familiare e casuale dell’intervista. Il riferimento a una «intelligenza bizantina», la scelta precisa del nome Leone XIV, il contesto monastico e il momento esatto della pubblicazione (7 maggio, primo giorno del conclave) suggeriscono una costruzione semantica deliberata, non frutto di una battuta tra padre e figlio.
Inoltre, ricordiamo che Il Foglio non ha fornito alcuna conferma ufficiale sull’identità dell’autore della lettera, né prove dirette che colleghino l’imprenditore intervistato al testo. A nostro avviso, non si può escludere che l’intervento video sia stato una risposta strategica — spontanea o indotta — al crescente interesse mediatico suscitato dal caso.
Quando un messaggio lascia tracce tanto precise e coerenti, tentare di ricondurlo a un gioco familiare rischia di apparire più come un’operazione di contenimento narrativo che come una reale spiegazione. Le smentite affrettate, spesso, finiscono per rafforzare i sospetti più che dissiparli.
Pertanto, l’analisi rimane intatta: fondata su una lettura simbolica, strutturale e metapolitica del messaggio, aperta a ulteriori approfondimenti, ma non facilmente neutralizzabile da una narrazione posticcia — e, con tutto il rispetto, anche piuttosto grottesca.
D’altra parte, le anomalie che gravitano intorno all’elezione di Papa Leone XIV sono ormai numerose e sistemiche: una lettera preannunciante, un romanzo pubblicato in anticipo (Il sigillo del Leone), un tributo finanziario simbolico da parte del presidente americano. Troppe variabili convergenti per essere liquidate come semplici coincidenze.
Il 4 maggio 2025, dunque ben quattro giorni prima dell’elezione del nuovo “Papa”, è stato pubblicato su Amazon, come Independently published, il libro del giornalista Matteo Orlando intitolato “Il sigillo del Leone”.
L’avvincente trama del romanzo, che vanta la prefazione dello scrittore e medico Paolo Gulisano e la postfazione del vaticanista Marco Tosatti, narra dell’elezione del nuovo Pontefice, anglofono, amabile, coraggioso e fermo nella dottrina, che sale al Soglio pontificio col nome di Leone XIV.
Intervistato dal quotidiano “Informazione cattolica”, con il quale collaborano sia l’autore del romanzo che Gulisano, Matteo Orlando ha raccontato di aver avuto una forte ispirazione la sera del primo maggio, dopo aver recitato le sue preghiere, e di aver realizzato il suo “fanta – romanzo” il giorno successivo, il 2 maggio, in una sola ora, dalle 21 alle 22.
Il giorno successivo ha poi ricevuto la prefazione e la postfazione da Gulisano e Tosatti, suoi due cari amici.
Alla giornalista Antonella Paniccia, che gli ha chiesto come fosse riuscito a “profetizzare” molte cose, l’autore Matteo Orlando ha risposto candidamente: “Ma quali profezie! Chiamiamole Dio-incidenze. Alcune cose scritte hanno sorpreso anche me.” [qui]
In tutta onestà, anche noi siamo molto sorpresi da questo romanzo, soprattutto per i particolari così precisi, così calzanti con la realtà emersa alla conclusione del (falso) Conclave, relativa all’elezione di colui che ieri, 8 maggio 2025, si è presentato al mondo proprio con il nome di Leone XIV, “profetizzato” nel libro.
Che monsignor Robert Francis Prevost, venuto a conoscenza del romanzo, incuriosito lo abbia letto, ed essendo rimasto fortemente colpito dall’immagine delineata del Pontefice protagonista, entusiasticamente ne abbia assunto il nome, non lo crediamo nemmeno lontanamente.
Di certo, si tratti di intuizioni, profezie o “Dio – incidenze”, un libro che anticipa di quattro giorni i risultati del Conclave, che per sua natura dev’essere coperto da segreto ferreo, non ce ne vogliate, lascia molti dubbi e crea numerose perplessità.
Grazie infinite.
Solo è un leone da circo.
Da Caracas, vi saluto e Benedico,
Sacerdote Cattolico.