
© Filippo Chinnici
Incendi, propaganda climatica e ristrutturazione del potere globale
Mentre oltre 2,6 milioni di ettari — una superficie pari a Piemonte e Lombardia insieme, ovvero oltre un decimo del territorio italiano — sono stati ridotti in cenere tra Manitoba, Alberta, Saskatchewan e Columbia Britannica, il numero degli incendi attivi rilevati simultaneamente ha superato quota 1.753 (dati aggiornati al 5 giugno 2025). L’enormità dell’estensione, unita alla sincronia dei focolai su scala interprovinciale, costituisce un’anomalia storica senza precedenti, non solo nel contesto nordamericano ma nell’intera memoria delle civiltà umane.
Secondo la narrazione ufficiale, si tratterebbe dell’effetto combinato di siccità, caldo estremo e fulmini. Ma questa spiegazione — lineare quanto ideologicamente comoda — vacilla dinanzi a una molteplicità di indizi che suggeriscono una dinamica ben più articolata e, per molti, intenzionalmente orchestrata a fronte di quanto accaduto già nel 2023 sempre in Canada.
Contenuti
1. Sincronia, persistenza, anomalie: l’incendio come operazione
Una delle anomalie più macroscopiche è rappresentata dal riattivarsi di almeno 49 così detti zombie fires nella sola Alberta: incendi che avrebbero resistito sotto la coltre nevosa e temperature polari per mesi, per poi riemergere in primavera con una forza che non trova spiegazione nei modelli termodinamici ordinari. Allo stesso tempo, sono circolati video amatoriali che mostrano inneschi simultanei, bagliori improvvisi, colonne verticali di fumo e fuoco in aree remote e non contigue. Queste immagini, rilanciate sui social network e su canali alternativi — in particolare Telegram, YouTube e TikTok — sono state in molti casi censurate o bollate come disinformazione.
Tali sequenze visive, sebbene non costituiscano una prova tecnica incontrovertibile, hanno impresso nell’immaginario collettivo l’intuizione che dietro gli incendi canadesi vi sia qualcosa di più che una mera concatenazione di eventi naturali. L’ipotesi di un intervento tecnologico deliberato, e in particolare l’impiego di armi a energia diretta (Directed Energy Weapons, come ufficialmente definite anche dal governo canadese stesso), ha trovato ampio riscontro nei circuiti informativi alternativi.
Natural News, già nel 2018, aveva pubblicato un’analisi dal titolo emblematico: “Analysis: Were California fires set by Direct Energy Weapons? Probably not, but here’s why the idea is going viral”, documentando anomalie fotografiche e sequenze sospette di esplosioni luminose verticali. A distanza di sei anni, nel 2024, la stessa testata rilanciava con un nuovo titolo rivelatore: “60 Minutes now claims Directed Energy Weapons (DEW) are real, not conspiracy, because Russia is supposedly using them against us”, evidenziando la contraddizione di un sistema informativo che nega e conferma a seconda della convenienza geopolitica.
Anche The People’s Voice, in un articolo pubblicato nel 2023 e intitolato “WEF Insider Reveals LA Wildfires Were Engineered to Seize Land for 15-Minute Cities”, ha esplicitamente avanzato la tesi che determinati incendi siano stati orchestrati intenzionalmente, al fine di agevolare progetti di ristrutturazione urbana radicale come le cosiddette “Città intelligenti di 15 minuti“. Mentre il circuito mediatico istituzionale si limita a respingere tali ipotesi con toni liquidatori, evita sistematicamente di confrontarsi con gli interrogativi sollevati dalle immagini, dalle tempistiche e dalle coincidenze sospette che ormai hanno destato l’attenzione di milioni di cittadini.
2. Danielle Smith e il tabù dell’incendio doloso
L’ex premier dell’Alberta, Danielle Smith, già nel giugno 2023 aveva espresso pubblicamente di non credere alla teoria dei cambiamenti climatici e aveva avanzato il sospetto che una parte rilevante degli incendi fosse di natura dolosa, orchestrata per fini ideologici. Durante una puntata del programma “Real Talk” con Ryan Jespersen, dichiarò:
«Stiamo coinvolgendo investigatori esterni da fuori provincia… Abbiamo quasi 175 incendi di cui al momento non conosciamo la causa»
3. Il contesto globale: disastri utili all’ordine climatico
Questi incendi devono essere compresi come eventi funzionali, non accidentali. Già nel 2023 il World Economic Forum parlava esplicitamente di climate lockdowns come possibile strumento di gestione delle emergenze ecologiche. Il Canada, fedele avamposto dell’ordine atlantista, si offre come laboratorio di sperimentazione per un nuovo paradigma di controllo: evacuazioni di massa, sospensione delle attività estrattive (come nel distretto di Snow Lake), restrizioni ambientali straordinarie, lockdown a causa dell’aria inquinata, militarizzazione del territorio, dislocazione delle comunità indigene.
Il fuoco diventa così strumento di ristrutturazione sociale, pedagogia della paura, e pretesto per implementare nuove forme di sorveglianza digitale e controllo bio-comportamentale. Non è più solo una catastrofe ecologica: è una leva sistemica nelle mani di élite globali che mirano a instaurare un ordine climatico permanente, fondato sulla tassazione ecologica, sulla riduzione della mobilità autonoma e sulla digitalizzazione centralizzata della cittadinanza.
4. Il ruolo strategico delle foreste canadesi nel clima globale
I roghi canadesi non rappresentano solo una tragedia locale, ma colpiscono uno dei pilastri del sistema climatico globale. La foresta boreale canadese, che si estende su circa 270 milioni di ettari , funziona come gigantesco serbatoio di carbonio. Solo il territorio boreale canadese immagazzina 186 miliardi di tonnellate di carbonio — pari a 27 anni di emissioni da combustibili fossili — di cui l’84 % è contenuto nel suolo .
Nel 2023, l’estate degli incendi ha prodotto 647 megatonnellate di carbonio (570–727 TgC), un valore superiore alle emissioni annuali di molti Paesi industrializzati — solo Cina, India e Stati Uniti hanno valori superiori . Già a luglio 2023, in base ai rilevamenti del servizio Copernicus, erano state emesse 160 milioni di tonnellate di carbonio (equivalenti a 600 Mt CO₂) .
Questi incendi hanno trasformato un pozzo di carbonio in una fonte netta di CO₂ e metano, compromettendo la capacità di sequestro per decenni. Il rapporto Greenpeace parla di una possibile “carbon bomb”— un rilascio di gas serra di entità tale da innescare feedback climatici positivi, accelerando il riscaldamento .
Inoltre, la dispersione di fuliggine e particolato ha avuto impatti globali, con rilevamenti in Europa e Nord America e effetti su qualità dell’aria e modelli pluviometrici [Reuters].
Infine, il World Resources Institute stima che i roghi del 2023 abbiano emesso fino a 3 gigatonnellate di CO₂, superando le emissioni annuali del traffico aereo globale. Le condizioni attuali suggeriscono che l’impatto del 2025 sarà almeno pari.

5. Contro la storia: la scienza che cancella la memoria
Uno degli aspetti meno discussi di questa crisi è la totale assenza di riferimenti storici analoghi. Le civiltà antiche — sumerica, egizia, cinese, israelitica — documentano inondazioni, carestie, terremoti, ma mai incendi simultanei su scala continentale, tantomeno capaci di sopravvivere alla neve. Persino gli eventi più devastanti registrati nella storia moderna che pogtrebbero essere citati come precedenti, come l’incendio di Miramichi (1825) o il Chinchaga Fire (1950), in realtà furono singoli, localizzati e non simultanei.
La novità assoluta del fenomeno — unita alla sua gestione comunicativa e alla sua utilizzazione politica — ci impone di leggere gli incendi post “pandemia 2020” non come eventi spontanei, ma come strumenti inseriti in una strategia di governance emergenziale.
Conclusione
Quando oltre 1.700 incendi si attivano in sincrono, carbonizzano territori vasti quanto regioni italiane, oscurano il cielo del Nord America e arrivano visibilmente fino in Europa, il sospetto non è più una fantasia. È un’ipotesi investigativa legittima. Le anomalie fisiche, la censura dei video, le dichiarazioni occultate di alcuni leader locali, la soppressione della memoria storica e la tempistica perfetta con cui l’agenda climatica viene rilanciata parlano chiaro: non è la natura a bruciare, ma l’ordine geopolitico a essere riscritto attraverso il fuoco.
Questo non è un disastro. È una dichiarazione di principio. È la messa in scena di un nuovo potere che, come nei rituali arcaici, usa il fuoco per purificare e rifondare. Ma ciò che brucia non è il bosco: è la libertà delle nazioni e la coscienza dei popoli.