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© Filippo Chinnici
Nel cuore della mondanità cinematografica, Cannes ha vissuto un’improvvisa e inquietante oscurità
Il 24 maggio 2025, in concomitanza con la giornata conclusiva del Festival internazionale del cinema, un blackout ha colpito la Costa Azzurra: oltre 160.000 utenze sono rimaste senza elettricità tra Cannes, Antibes e Grasse. Le autorità francesi hanno attribuito il guasto a due eventi simultanei: un incendio doloso in una sottostazione ad alta tensione a Tanneron e la caduta di un traliccio nei pressi del lago di Saint-Cassien. Sebbene la cerimonia finale del Festival sia stata salvata dai generatori di emergenza del Palais des Festivals, l’evento ha lasciato un senso di inquietudine più profondo. Non tanto per la gravità locale, quanto per la sua inquietante familiarità.
Contenuti
1. Una sequenza globale di blackout: coincidenze statisticamente improbabili
Quello di Cannes non è un caso isolato. È ormai da mesi che blackout e guasti informatici si susseguono a macchia di leopardo in tutto il mondo, non solo in Europa. Il fenomeno, annunciato da analisti e osservatori già anni fa, assume ormai i contorni di una crisi sistemica globale. Le autorità, è vero, forniscono spiegazioni per ciascun evento. Ma qual è la probabilità reale che guasti di tale portata si verifichino così frequentemente, in così tante aree del globo, e in un arco di tempo tanto ristretto?
Ecco una panoramica dei principali blackout globali in ordine cronologico inverso:
- 24 maggio 2025 – Cannes, Francia: blackout durante la chiusura del Festival del Cinema. Cause: incendio doloso e caduta di traliccio ad alta tensione (AP News, Reuters, QN).
- 28 aprile 2025 – Penisola Iberica: blackout massivo in Spagna, Portogallo, Andorra e Francia sud-occidentale. Decine di milioni di persone coinvolte. Indagini ancora in corso, ipotesi: squilibrio nella rete elettrica europea, rinnovabili, o “raro fenomeno atmosferico” (El País, Le Monde).
- 25 febbraio 2025 – Cile: blackout nazionale, oltre 19 milioni di persone senza luce. Ufficialmente: guasto nei sistemi di protezione elettronici. Imposto lo stato di emergenza e coprifuoco. Miniere, trasporti e comunicazioni paralizzati (Reuters, Wikipedia).
- aprile 2025 – Polonia: oltre 100.000 utenti colpiti. Causa ufficiale: maltempo e neve sulle linee (RMF24).
- 2024–2025 – Cuba: blackout ricorrenti per oltre un anno. Cause: carenza di carburante, obsolescenza infrastrutturale, crisi economica. Proteste diffuse (Wikipedia).
- 17 agosto 2024 – Libano: blackout totale dovuto all’esaurimento del carburante presso la compagnia statale. Porti, aeroporti e impianti idrici fermi (Al Jazeera).
- 19 luglio 2024 – Globale: aggiornamento difettoso del software CrowdStrike manda in tilt sistemi informatici in tutto il mondo. Colpiti ospedali, banche, aviazione civile, servizi pubblici in decine di paesi (Geopop).
- 4–5 giugno 2024 – Indonesia (Sumatra): blackout nella regione occidentale di Sumatra. Oltre 600.000 clienti colpiti. Causa: guasto in una sottostazione ad alta tensione (Wikipedia).
- 2 gennaio 2024 – Filippine (Visayas): blackout regionale, attribuito a un disturbo di trasmissione (Wikipedia).
- 15 agosto 2023 – Brasile: blackout nel 27% del carico nazionale. Cause: separazione improvvisa tra reti Nord e Sud-Est (Wikipedia).
2. Cresce la vulnerabilità sistemica
Ogni evento ha la sua spiegazione. Un corto circuito. Un errore umano. Un software. Una tempesta. Un picco di carico. Eppure, nessuno spiega perché tutti insieme, e ora. Il mondo sembra vivere in una cronologia del collasso a tappe. Le reti elettriche e informatiche sono interconnesse, digitalizzate, centralizzate. Una perturbazione in un nodo strategico può scatenare un effetto domino.
Le cause? Diverse, e tutte convergenti:
- Infrastrutture obsolete o gestite con manutenzione insufficiente;
- Carico elettrico instabile per l’integrazione incontrollata delle rinnovabili;
- Eventi climatici estremi sempre più frequenti;
- Tempeste solari sempre più intense e frequenti, in coincidenza con il picco del ciclo solare atteso nel 2025–2026 (NASA, NOAA);
- Cyberattacchi e test di vulnerabilità invisibili.
Nel maggio 2025, un flare solare di classe X2.7 ha colpito la Terra, causando blackout radio in Europa (NDTV). Già nel 2022, una modesta tempesta geomagnetica aveva distrutto 38 satelliti Starlink (Space.com).
Nel frattempo, anche alcune delle figure più esposte del sistema iniziano ad ammettere l’inevitabile. Durante il Bosch Connected World Conference a Berlino, Elon Musk ha lanciato un avvertimento tanto lucido quanto inquietante:
Stiamo andando incontro a una vera e propria siccità elettrica. E non ha nulla a che fare con l’acqua
Secondo Musk, la crescita esponenziale dell’intelligenza artificiale e dei veicoli elettrici sta spingendo la domanda di energia oltre la capacità attuale delle infrastrutture globali. Entro il 2025, avverte, potremmo non avere abbastanza elettricità per alimentare il mondo digitale che stiamo costruendo (IoT World Today, YouTube – intervista integrale).
La metafora usata da Musk — una “siccità” non idrica ma energetica — richiama con precisione il tipo di collasso che già si manifesta in blackout localizzati, guasti sistemici e interruzioni infrastrutturali a catena. Se anche gli architetti del futuro prevedono il corto circuito del presente, forse non stiamo andando verso il caos: ci stiamo entrando secondo tabella di marcia.
3. Governare attraverso l’emergenza: verso una transizione programmata?
Negli ultimi anni, il concetto di emergenza ha cessato di essere una deviazione dall’ordinario per divenire, nei fatti, la nuova normalità della governance. Ogni mutamento strutturale, ogni accelerazione sistemica, è stato preceduto da eventi presentati come improvvisi e inaspettati, ma che hanno prodotto effetti perfettamente coerenti con agende e programmi già delineati.
L’espressione «nulla sarà più come prima», diffusa in modo ubiquo nel corso della crisi sanitaria del 2020, ha rappresentato la dichiarazione di intenti del cosiddetto Great Reset, una visione globale promossa dal World Economic Forum di Davos e articolata formalmente nell’opera di Klaus Schwab e Thierry Malleret (COVID-19: The Great Reset, Forum Publishing, 2020). In essa si delineava la necessità di ripensare radicalmente i modelli economici, politici, sociali e perfino antropologici, cogliendo l’occasione della pandemia per “riprogettare il contratto sociale”.
Tale riprogettazione si è concretizzata, in Europa, attraverso dispositivi d’emergenza come il Green Pass, che ha trasformato temporaneamente l’accesso a beni fondamentali in una concessione condizionata, svincolata dalla cittadinanza. Parallelamente, la guerra in Ucraina ha offerto la legittimazione per un riorientamento economico forzato, specialmente in ambito energetico, con misure sanzionatorie autolesioniste nei confronti della Russia che hanno causato un’impennata dei prezzi e una riconfigurazione dell’intero modello industriale europeo.
All’interno di questo quadro si è inserito il Green Deal europeo — un’agenda ambientale strutturale, proposta dalla Commissione von der Leyen nel 2019 ma radicalmente accelerata nel triennio successivo — che impone entro il 2030 obiettivi ambientali e normativi vincolanti (cfr. European Green Deal, COM(2019) 640 final). Numerose voci scientifiche, però, hanno espresso perplessità sull’effettiva attribuibilità della cosiddetta “crisi climatica” all’attività antropica in senso stretto, rilevando l’insufficienza dei modelli predittivi e la politicizzazione delle agende ecologiche (si veda: Judith Curry, Climate Uncertainty and Risk, 2023).
Oggi, la nuova emergenza si chiama trasformazione digitale: 5G, automazione, identità digitale, centralizzazione finanziaria tramite CBDC, Smart Cities, Internet of Things. Questi strumenti, presentati come vettori di efficienza e progresso, dischiudono tuttavia scenari distopici di controllo capillare e fragilità sistemica. Il Digital Wallet europeo e l’euro digitale, ad esempio, sono già in fase avanzata di test presso la Banca Centrale Europea (ECB Digital Euro Project), con implementazione prevista tra il 2026 e il 2028.
In tale contesto, il rischio di un blackout energetico o informatico globale, come quelli registrati negli ultimi mesi in Spagna, Cile, Germania, Cuba e Libano, non rappresenta più un’ipotesi remota, ma una realtà verificabile. Il fatto che ciascuno di questi eventi abbia avuto una “spiegazione tecnica” non risolve la questione più profonda: la loro simultaneità, la loro capacità di sospendere l’ordinario e di rendere accettabili misure straordinarie.
L’intellettuale francese Alain de Benoist, nella sua analisi sulle forme postmoderne del potere, ha parlato di “eccezione permanente”, in cui lo stato di emergenza diviene lo strumento principale della legittimazione politica. Si tratta di una strategia di governo delle transizioni, che impone ogni mutamento presentandolo come necessario, inevitabile e indiscutibile.
In definitiva, due interrogativi si impongono:
- Siamo davvero testimoni di una serie di eventi casuali e contingenti, o piuttosto di una strategia graduale e sincrona volta a modificare irreversibilmente la struttura della società?
- Le emergenze che si succedono — sanitarie, militari, energetiche, informatiche, climatiche — sono strumenti di reazione o strumenti di direzione?
Che si aderisca o meno alla lettura sistemica di questi processi, resta il fatto che l’effetto sociale prodotto da ciascuna crisi è stato un’accelerazione dell’implementazione di agende già tracciate nei documenti ufficiali delle élite transnazionali. Non vi è dunque complotto, ma una pianificazione pubblica, accessibile e coerente, i cui effetti appaiono sempre più irreversibili.
Nel tempo della crisi molteplice e permanente, saper riconoscere i segni della transizione imposta è il primo atto di responsabilità civile.
Conclusione: verso un ordine tecnico globale?
Il tratto più inquietante di questa successione di eventi non è tanto la loro frequenza, quanto la loro impressionante convergenza. Non si tratta più di guasti isolati, localizzati e occasionali, ma di una trama ricorrente, distribuita a livello globale, che colpisce selettivamente infrastrutture strategiche: reti elettriche, sistemi bancari, logistica sanitaria, comunicazioni digitali.
Ciò che un tempo veniva liquidato come «complottismo» appare oggi come una forma embrionale — e dichiarata — di governance tecnologica delle crisi. Il mondo interconnesso ha mostrato non solo la propria fragilità, ma la possibilità concreta di essere disconnesso intenzionalmente, testato, interrotto, riconfigurato.
Viviamo all’interno di una rete che, pur invisibile, condiziona ogni aspetto della nostra vita materiale e simbolica. E quando questa rete viene sospesa, anche per pochi istanti, la società si scopre indifesa, dipendente, addestrata all’obbedienza immediata.
In tale contesto, la transizione verso le valute digitali di banca centrale rappresenta un passaggio decisivo. Mentre le criptovalute decentralizzate vengono sottoposte a regimi fiscali sempre più stringenti — come dimostra l’ultima legge di bilancio italiana che impone la loro dichiarazione nel quadro RW del 730 e ne tassa le plusvalenze fino al 42% (Financialounge, 23 maggio 2025) — parallelamente si agevola l’adozione dell’e-Euro, promosso dalla BCE come strumento “sicuro” e fiscalmente vantaggioso. È il principio del bastone e della carota applicato su scala monetaria. (cit. A. Savini)
Come ammoniva Milton Friedman:
Solo una crisi – reale o percepita – produce un vero cambiamento. Quando avviene quella crisi, le azioni intraprese dipendono dalle idee in circolazione. […] Il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile (Capitalism and Freedom, 1962).
La vera domanda, allora, non è più se questi blackout siano accidentali o meno.
La vera domanda è: a quale scopo serve l’interruzione programmata dell’ordinario? Chi ne trae beneficio? E quale nuova architettura del potere si sta edificando sul fondamento dell’emergenza ricorrente?
Nel tempo delle reti e della sorveglianza algoritmica, forse l’unico blackout che dovrebbe preoccuparci davvero è quello della coscienza collettiva.
Analisi accuratamente ed esplicativa, il dubbio sulle interruzioni nergetiche programmate, non si configura più come dubbio ma diventa certezza.
Grazie per questa conferma.