
© di Filippo Chinnici
Contenuti
1. Un’alba smarrita tra gli orologi vaticani
Nel cuore della Città Leonina, dove il tempo dovrebbe scorrere con la solennità delle antiche liturgie, l’ultima alba di Papa Francesco si è avvolta in discrepanze, silenzi e dettagli sfumati.
Il professor Sergio Alfieri, chirurgo personale del Pontefice, ha raccontato di essere stato chiamato intorno alle 5:30 del mattino e di essere giunto a Casa Santa Marta poco prima delle 6:30 (Il Messaggero).
Al suo arrivo, avrebbe trovato il Santo Padre in stato di coma, privo di reazioni coscienti. Nonostante ciò, l’orario ufficiale del decesso è stato fissato dal dottor Andrea Arcangeli alle 7:35, attribuendolo a un ictus cerebrale seguito da coma e collasso cardiocircolatorio irreversibile (Il Messaggero).
A complicare ulteriormente il quadro, il cardinale Camerlengo Kevin Farrell ha confermato l’orario delle 7:35 nell’annuncio solenne, mentre il cardinale Decano Giovanni Battista Re, nella lettera di convocazione al Collegio Cardinalizio, ha indicato le 7:45 (Fanpage).
Tre orari distinti per un’unica morte: un’anomalia che non necessariamente implica contraddizione, ma che solleva interrogativi sulla gestione narrativa dell’evento.
2. Diagnosi mobili: il caso del diabete
Non solo il tempo ha perso contorni netti, ma anche la medicina sembra aver subito un’inedita relativizzazione.
Il 28 febbraio 2025, in una conferenza stampa al Policlinico Gemelli, il professor Alfieri dichiarava:
«Per quanto riguarda il diabete, non è che il Papa è diabetico. Quando si ha un’infezione così grave ci sono tanti elementi che si squilibrano; non è solo la glicemia. È stato consultato il diabetologo, come si fa in tutti i pazienti, ma il Papa non è diabetico» (Domani).
Tuttavia, nel certificato di morte firmato da Arcangeli, il diabete mellito di tipo II figura tra le patologie che affliggevano il Pontefice (Adnkronos).
Un cambiamento diagnostico? Un’omissione strategica? O, più semplicemente, un altro esempio di quella prudente elasticità comunicativa che tanto caratterizza il piccolo Stato?
3. Il mistero della sorella silenziosa
A completare il quadro emerge la figura discreta di Maria Elena Bergoglio, sorella del “Pontefice” e ultima testimone diretta dei suoi legami familiari. Secondo Cesare Sacchetti, Maria Elena sarebbe giunta a Roma nei primi giorni dell’ultima settimana di febbraio 2025, in gran segretezza, per poi ripartire senza alcuna apparizione pubblica, 48 ore dopo sempre nella massima segretezza, verso l’Argentina, attraverso un volo privato partito dall’aeroporto di Pratica di Mare che le è stato prenotato e pagato presumibilmente dal Vaticano. Il 18 febbraio, il Gemelli faceva sapere che il papa versava in condizioni molto gravi, e il giorno dopo si è assistito ad un completo cambio di narrativa. Bergoglio si sarebbe alzato dal letto e avrebbe persino incontrato la Meloni, quasi mandata a chiamare pur di veicolare l’immagine di un pontefice “lucido” e “attivo”. Nei giorni successivi, i bollettini medici del Gemelli sono una vera e propria girandola di contraddizioni. Si passa in continuazione da un Bergoglio vigile ad uno in grave crisi respiratoria fino a quando arriva improvvisamente, e in segreto, la sorella del pontefice nei primi giorni dell’ultima settimana di febbraio. il Vaticano ha mandato a chiamare Maria Elena Bergoglio per farle vedere il fratello, ormai sempre più grave, e risolvere forse qualche spinosa questione di carattere patrimoniale? Non è certo, ma quel che appare sicuro è che Santa Marta non voleva far sapere dell’arrivo del parente più vicino a Francesco nella capitale. (lacrunadellago) Una visita breve, discreta, avvolta nel silenzio, che solleva interrogativi: fu un estremo saluto anticipato?
A questa presenza sfuggente si è aggiunta un’assenza ancor più eloquente. Nonostante il profondo legame familiare, Maria Elena non ha presenziato ai funerali del fratello, ufficialmente a causa delle sue precarie condizioni di salute dopo un ictus. Secondo alcune fonti, ha invitato coloro che desideravano essere presenti alle esequie a donare in beneficenza il denaro che si sarebbe speso per la trasferta. (SkyTg24) Ma tutti si sono guardati dal parlare o smentire della sua visita di febbraio.
Parallelamente ai comunicati ufficiali, già il 14 febbraio avevamo segnalato su Telegram che Bergoglio stava per morire e che, successivamente, sarebbe seguito un deterioramento irreversibile, con l’attivazione di un protocollo d’emergenza per preparare l’inevitabile nel massimo riserbo. (qui)
4. Il corto circuito di Santa Marta
Ci si sarebbe attesi, dall’ultimo atto del pontificato di Bergoglio, una narrazione limpida, severa e ordinata come una messa solenne. Invece, ciò che il Vaticano ha offerto è stata una partitura stonata: orari divergenti, diagnosi oscillanti, presenze furtive e assenze pesanti.
In un pontificato che aveva scelto la «trasparenza» come bandiera, il finale si consuma tra nebbie impenetrabili e silenzi che parlano più di mille comunicati. Si potrebbe, anzi, sospettare che il gioco delle ombre e dei misteri non sia altro che il frutto di un ordine imposto su un soglio che non gli apparteneva: Bergoglio, pur sedendo sulla “cattedra di San Pietro”, ha forse usurpato una posizione che Benedetto XVI aveva volutamente lasciato impedita, rinunciando alla funzione ma non al titolo.
E forse, proprio così, nella grande tradizione diplomatica vaticana, anche l’ultimo respiro di un “Papa” non legittimo è stato sottratto alla cronaca e custodito, come un segreto, tra le mura della città eterna.
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