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© Filippo Chinnici
Di fronte al disastro umanitario senza precedenti che ha colpito Gaza, si delinea un progetto parallelo, invisibile ai radar dell’informazione ufficiale, ma ben visibile nelle carte riservate trapelate da WikiLeaks: un piano postbellico pensato da think tank angloamericani per trasformare Gaza in una zona economica speciale, colonizzata economicamente sotto le insegne di Trump, Musk e Blair.
Contenuti
- 1. Una guerra «utile»: le carte di WikiLeaks
- 2. Blair e il capitalismo della rovina
- 3. Il ritorno di Trump (e l’ombra di Kushner)
- 4. Gaza e il progetto sionista 4.0
- 5. Il precedente NEOM: Gaza come miniatura distopica
- 6. Il Negev come asse strategico dell’espansione israelo-golfo-americana
- Conclusione
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1. Una guerra «utile»: le carte di WikiLeaks
Il 7 luglio 2025, WikiLeaks ha pubblicato un set di documenti provenienti dal Tony Blair Institute for Global Change, confermati da successive inchieste del Financial Times e The Guardian. I file, fra cui spicca il cosiddetto Gaza Economic Blueprint, rivelano un progetto dettagliato per la ricostruzione dell’enclave palestinese: non secondo un criterio umanitario o nazionale, ma secondo un disegno commerciale, turistico e tecnologico a trazione privata.
Il documento definisce esplicitamente la guerra come un’«opportunità unica nel secolo», aprendo la via alla costruzione di:
- una “Trump Riviera”: sviluppo del litorale di Gaza per fini turistici e immobiliari di alto profilo;
- una “Elon Musk Smart Manufacturing Zone”: distretto industriale automatizzato, ispirato a modelli di produttività tecnologica;
- isole artificiali, zone franche, porti ad alta capacità, e corridoi infrastrutturali denominati “MBS Ring” e “MBZ Central”. [Financial Times]
2. Blair e il capitalismo della rovina
Il coinvolgimento del Tony Blair Institute, benché formalmente smentito nei termini operativi, è confermato nella fase ideativa: membri del TBI avrebbero partecipato a call e a gruppi riservati, fornendo consulenze tecniche e visione strategica.
Tony Blair – già architetto politico della guerra in Iraq e dell’ideologia del “nation-building” come arma geopolitica – si conferma figura centrale di quella forma aggiornata di dominio che potremmo chiamare capitalismo necropolitico: l’arte di convertire la distruzione sistematica in potenziale di profitto per attori transnazionali. [The Guardian]
3. Il ritorno di Trump (e l’ombra di Kushner)
Il riferimento alla “Trump Riviera” non è casuale. Donald Trump ha più volte evocato l’idea di “gestire” la ricostruzione di Gaza postbellica con interventi privati e partnership internazionali, sul modello degli Accordi di Abramo [qui, qui] .
Ma il vero architetto ideologico è Jared Kushner, genero dell’ex presidente e già autore del cosiddetto Deal of the Century. In un’intervista tenuta presso Harvard nel febbraio 2024, Kushner ha dichiarato[Times of Israel] :
«Gaza ha una delle coste più sottoutilizzate del Mediterraneo. Potrebbe essere un’area immobiliare di grande valore se venisse ripulita.»
Queste parole non sono rimaste isolate. Kushner, tramite il fondo Affinity Partners, finanziato dal Public Investment Fund saudita, ha iniziato a investire in infrastrutture regionali in Israele e nel Negev. Secondo Middle East Eye, vi sarebbero stati contatti tra Kushner, investitori del Golfo e ambienti politici israeliani per promuovere lo sviluppo immobiliare in aree limitrofe a Gaza nel contesto postbellico[Middle East Eye].
La convergenza tra Trump (come marchio politico), Musk (come modello industriale), Kushner (come canale finanziario) e Blair (come mediatore internazionale) costituisce un blocco di potere transatlantico-israeliano in grado di definire Gaza non come soggetto politico, ma come infrastruttura da gestire.
4. Gaza e il progetto sionista 4.0
Il progetto contenuto nei documenti non si limita a una ricostruzione economica: rappresenta una trasformazione strutturale della visione geopolitica dell’area. Non si tratta più del vecchio sionismo etnico-territoriale, ma di una sua forma aggiornata e funzionale: il sionismo economico-postnazionale.
La terra non è più oggetto di possesso, ma di progettazione redditizia. La presenza palestinese non è un ostacolo etnico, ma una variabile logistica da gestire, spostare, incentivare o neutralizzare. Nei documenti trapelati si parla esplicitamente di:[Financial Times] :
«trasferimento volontario del 25–50% della popolazione di Gaza» con incentivi fino a 9.000 dollari per persona, così da “liberare spazio” per le infrastrutture economiche e turistiche.
In questa visione, Gaza non è più Palestina: è un’estensione modulare del Negev, un’appendice di Neom, un laboratorio dove la guerra è il reset e la “ricostruzione” il linguaggio del dominio.
Alcuni ricorderanno le sconcertanti dichiarazioni che l’ex ambasciatore di Israele in Italia, Dror Eydar, rilasciò già a ottobre 2023 perché probabilmente già era a conoscenza di qualcosa.
5. Il precedente NEOM: Gaza come miniatura distopica
Il modello di riferimento implicito nel Gaza Economic Blueprint è chiaramente NEOM, la megalopoli futuristica progettata dall’Arabia Saudita nel deserto del Tabuk.
NEOM è pensata come una «città senza cittadini», popolata da tecnologie, capitale straniero e governance privata. La sua logica è quella della tabula rasa funzionale: una terra vuota da riempire con visioni e algoritmi.
Gaza, nel piano postbellico delineato nei documenti trapelati, ne rappresenta una versione distillata e brutalizzata. Non si parte da un deserto, ma da una rovina urbana. Non si costruisce per il futuro, ma sulle macerie di un popolo.
Come NEOM, anche la Trump Riviera è concepita:
- per attrarre investimenti esterni,
- per essere separata dalla popolazione autoctona,
- per funzionare come corridoio economico strategico tra Mediterraneo, Negev e Golfo.
Fonti: NEOM official site , Reuters , Financial Times
La creazione di isole artificiali, porti deep-water e zone franche extragiuridiche in un’area sotto blocco militare è un chiaro segnale: non si vuole ricostruire Gaza per i palestinesi, ma per gli investitori. La guerra, in questo schema, non è la fine di un conflitto, ma l’atto fondativo di una nuova struttura territoriale.
6. Il Negev come asse strategico dell’espansione israelo-golfo-americana
Il Negev – da sempre considerato una “riserva strategica” dall’élite politica israeliana – assume oggi un ruolo decisivo nel nuovo disegno geopolitico delineato dagli Accordi di Abramo e dalle alleanze tra Israele e le monarchie del Golfo[Axios].
Nei documenti trapelati da WikiLeaks, la presunta Elon Musk Smart Manufacturing Zone è pianificata «a ridosso del Negev», lungo un corridoio logistico che dal Mediterraneo meridionale conduce fino a Eilat e si connette all’asse commerciale terrestre tra Israele ed Emirati – un progetto infrastrutturale già delineato nei primi tavoli del Negev Forum[Axios].
Il Negev è anche il baricentro di nuove joint venture israelo‑emiratine nei settori della logistica, dell’energia ibrida e dell’agricoltura rigenerativa, sostenute da fondi sovrani del Golfo. L’obiettivo esplicito: costruire un corridoio infrastrutturale intermodale capace di bypassare le instabilità regionali e collegare il Mediterraneo all’India passando per Israele e l’Arabia Saudita[FinancialTimes].
In questo disegno strategico, Gaza viene ridefinita come zona-cuscinetto funzionale, svuotata della sua identità storica, culturale e demografica, per divenire il prolungamento terminale di un asse economico post‑nazionale.
spazio cuscinetto svuotato della propria identità storica, culturale e demografica, per diventare il prolungamento terminale di un asse economico post-nazionale.
Conclusione
Le rivelazioni di WikiLeaks, corroborate da testate mainstream e da documenti verificabili, ci restituiscono un quadro preciso: Gaza non è più trattata come una tragedia umanitaria, ma come un’opportunità strategica. La sua distruzione diventa un asset. Il dolore del suo popolo, una variabile secondaria. Le sue coste, un “bene sottoutilizzato” da valorizzare in chiave immobiliare.
Non troppo tempo fa, a seguito delle dichiarazioni di un politico israeliano secondo cui ogni bambino a Gaza è un nemico e va svuotata, scrivevamo su telegram in cui si postava il video :
Iil genocidio in atto a Gaza non è un effetto collaterale della guerra a Hamas (creata dal Mossad), ma un piano deliberato di “svuotamento” etnico, parte della visione sionista del Grande Israele che include anche Gaza e la costa mediterranea. Gli attacchi del 7 ottobre 2023 sono stati un false flag. (https://www.youtube.com/watch?v=japbM15HQxs)
Pertanto, NON si tratta di ricostruzione, ma di riprogrammazione. Non si cerca la pace, ma l’efficienza funzionale del territorio. Gaza viene “riutilizzata” come piattaforma per corridoi economici, zone turistiche, distretti industriali e enclave ultra-tecnologiche. La presenza palestinese è trattata come ostacolo numerico, da incentivare a fuggire.
Questo piano, per quanto paradossale, non è un’ipotesi cospirazionista, ma il frutto di documenti, piani esecutivi, contatti finanziari e partnership strategiche. Blair, Kushner, Trump, Musk, fondi sauditi, consulenti del Boston Consulting Group: nomi reali, ruoli tracciabili, capitali in movimento.
La “Trump Riviera” non è (solo) un’idea grottesca: è la formalizzazione di un nuovo modello di colonialismo economico post-statale. Gaza diventa un caso scuola. Un precedente. Un laboratorio di riconfigurazione geopolitica post-democratica.