Caro-ombrellone: il mantra mediatico e lo scippo annunciato delle coste italiane
© Filippo Chinnici
Negli ultimi giorni, i media mainstream hanno cantato in coro lo stesso ritornello: «Spiagge vuote, ombrelloni deserti, colpa dei prezzi folli». Alessandro Gassmann e Salvo Sottile sono stati scelti come testimonial per dare colore a una narrativa che quasi tutte le testate hanno rilanciato all’unisono, utilizzando persino lo stesso vocabolario. Questa simultaneità non è frutto di casualità, ma il segnale di un framing coordinato, costruito per spostare l’opinione pubblica in una direzione precisa.
Il meccanismo della colpa indotta
La narrazione dominante riduce tutto a una formula semplicistica: lettini troppo cari → bagnanti assenti. È una favola morale che nasconde la complessità reale. Anche molte spiagge libere — sempre più rare — sono semideserte. La causa principale è la desertificazione del potere d’acquisto, conseguenza di decenni di politiche fiscali e monetarie che hanno eroso la domanda interna. Si punta a dividere gli italiani, trasformando il concessionario in nemico, mentre i veri responsabili — un sistema fiscale predatorio, l’euro come gabbia valutaria, la devastazione del tessuto economico durante la gestione pandemica — restano nell’ombra.

Il contesto macroeconomico occultato
Il cuneo fiscale italiano è tra i più alti dell’OCSE: quasi metà del costo del lavoro finisce in tasse e contributi. A ciò si sommano energia cara, forniture costose, adempimenti burocratici e spinta verso la tracciabilità totale (POS obbligatorio, pagamenti elettronici, esposizione digitale dei prezzi), che comprimono i margini. In queste condizioni, l’aumento dei listini è spesso questione di sopravvivenza, non di speculazione.
Il vero obiettivo: espropriare il demanio
Le concessioni balneari riguardano beni demaniali — proprietà collettiva degli italiani. L’UE, con la Direttiva Bolkestein, spinge per liberalizzarle, imponendo gare pubbliche con requisiti che favoriscono grandi capitali, spesso esteri. È lo stesso schema applicato all’industria: indebolire, delegittimare, cedere agli attori finanziariamente più forti.
Precedenti storici: lezioni dimenticate e ruolo dei media
Per le nuove generazioni, questi passaggi storici vanno ricordati non solo nei fatti economici, ma anche per il ruolo determinante dell’informazione, che oggi si sta ripetendo quasi identico:
- Ilva (acciaio): Negli anni ’90 e 2000, il colosso siderurgico pubblico (Italsider, poi Ilva) viene prima indebolito da investimenti insufficienti e politiche ambientali a senso unico, poi trasformato in “emergenza” sanitaria e ambientale. Il racconto mediatico punta il dito sui gestori, oscurando le responsabilità delle politiche industriali nazionali e comunitarie. Risultato: vendita e passaggio di mano a gruppi privati, poi a multinazionali straniere (ArcelorMittal), con perdita di controllo nazionale su un asset strategico per la filiera metalmeccanica.
- Autostrade: La rete autostradale, costruita con soldi pubblici, viene ceduta a fine anni ’90 a un gruppo privato (Benetton) per una cifra giudicata irrisoria rispetto al valore reale e alle rendite future. Prima si è preparato il terreno con una narrazione di “inefficienza pubblica” e di necessità di modernizzazione; poi si è garantito al concessionario un contratto ultra-vantaggioso, con tariffe crescenti e controlli minimi. Risultato: utile privato garantito, costo dei pedaggi in crescita, scarsa manutenzione, tragedie come il Ponte Morandi.
- Telecom Italia: Negli anni ’90, Telecom Italia era una delle più solide società europee nel settore. Viene privatizzata in fretta e furia con la promessa di concorrenza e tariffe più basse. Le successive scalate finanziarie, spesso a debito, ne erodono il patrimonio e la capacità di investimento, aprendo le porte alla penetrazione di gruppi stranieri e alla perdita di leadership tecnologica. Risultato: frammentazione, dipendenza da fornitori esteri per le reti, e oggi il dibattito sullo “spezzatino” della rete TIM, con fondi stranieri pronti all’acquisto.
- Porti e logistica: Negli ultimi vent’anni, la gestione dei porti italiani ha visto una crescente penetrazione di operatori stranieri, soprattutto cinesi, in posizioni chiave della logistica e dei terminal. Narrativa ufficiale: attrarre investimenti e aumentare la competitività. Effetto reale: pezzi strategici della catena logistica nazionale sotto controllo di capitali extraeuropei, con implicazioni di sicurezza e sovranità.
In tutti questi casi, la comunicazione mainstream non fu un osservatore neutrale, ma un attore del processo: selezionò le informazioni, creò cornici narrative e orientò il consenso verso soluzioni già predisposte.
La spiaggia come prossimo “colpo”
Il settore balneare, con 8.000 km di coste, è un boccone ghiotto. La pressione per la liberalizzazione unita alla demonizzazione mediatica dei concessionari è il preludio alla concentrazione del controllo in pochi grandi gruppi turistici.
Congetture sul timeline 2025–2030
- 2025–2026: moral suasion sui listini, obbligo di trasparenza digitale, stretta fiscale.
- 2026–2027: gare pilota nei luoghi più redditizi, esclusione dei piccoli.
- 2028–2030: concentrazione del controllo in pochi player, subfornitura per i superstiti, piena fiscalizzazione dei ricavi.
Il ruolo dei media oggi
La ripetizione del frame «spiagge vuote perché care» senza dati completi non è ingenuità. È la replica di uno schema collaudato: creare un’emergenza percepita, spostare la colpa su un bersaglio interno e spianare la strada a una trasformazione strutturale già decisa altrove. Non in Italia ma con la complicità di attori interni nostrani.
Conclusione
Il caro-ombrellone è il sintomo scelto come simbolo. La malattia è un progetto di concentrazione proprietaria delle coste italiane, replicando modelli già applicati a industria e infrastrutture. Se non compreso, lascerà il Paese spogliato non solo delle sue fabbriche, ma anche della sua sabbia e del suo mare.
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Grazie
Una analisi ben fatta e….anche risaputa, ma a volte volutamente taciuta!!
Esposizione perfetta, dovremmo poterla condividere direttamente sui social, sarebbe importante per far conoscere il più possibile cosa succede realmente per evitare l’ennesimo esproprio a danno dei cittadini e l’ennesimo regalo alla finanza criminale e speculativa peggiore.
è una tattica priva di rischi per chi la impone, ma deleteria per chi la subisce. E quanto ne abbiamo già subito??? Avanti pure con la prossima tanto ce lo chiede la UE e chi megliodi essa per ridurci sempre più in basso ove è piùfacile imporne altre.??
Concordo su tutto