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© Filippo Chinnici
L’approvazione, in data 18 luglio 2025, del pacchetto legislativo statunitense comprendente il Genius Act (Guiding and Establishing National Innovation for U.S. Stablecoins Act), il Clarity for Payment Stablecoins Act, e l’Anti-CBDC Surveillance State Act, rappresenta un evento spartiacque nella ridefinizione degli equilibri monetari mondiali. Questo pacchetto – definito dal Congresso come ‘Crypto Week’ – ha innescato una crescita della capitalizzazione cripto oltre i 4 trilioni di dollari [Investors].
Tale approvazione, firmata dal Presidente Donald J. Trump con sostegno bipartisan, si inserisce in un contesto di crescente disallineamento tra le architetture finanziarie occidentali e i modelli emergenti promossi dal blocco eurasiatico, Cina in primis. Di seguito, analizzeremo il contenuto delle leggi approvate, le implicazioni geopolitiche, le ripercussioni sul mercato dell’oro e i collegamenti con le più recenti dinamiche internazionali, incluso il caso Georgia in un articolo che abbiamo pubblicato ieri e scritto da un amministratore del canale telegram e del blog e da me solo revisionato sotto l’aspetto linguistico.
1. Cosa prevede il Genius Act e cosa cambia realmente
Il Genius Act introduce un quadro normativo federale e statale per l’emissione di stablecoin ancorate al dollaro statunitense. Tra i principali requisiti:
- Le stablecoin devono essere completamente coperte da riserve liquide in rapporto 1:1.
- Sono obbligatorie verifiche contabili mensili, audit indipendenti annuali e adeguamento alle normative antiriciclaggio (AML) e alle sanzioni internazionali (OFAC).
- È imposta la separazione tra fondi degli emittenti e fondi dei clienti, evitando commistioni che potrebbero minare la fiducia del mercato.
Questo assetto normativo favorisce una rapida integrazione delle stablecoin nel sistema dei pagamenti, rendendole strumenti credibili non solo per gli scambi interni, ma anche per le transazioni internazionali. In tal modo, gli Stati Uniti si pongono come centro nevralgico globale per le cripto-attività regolamentate, contrastando indirettamente le valute digitali (CDBC) di Stato promosse da Cina, Russia e BRICS. [United States Congress, “Genius Act”, 2025].
Sebbene descritto come uno strumento di liberalizzazione del dollaro digitale, il Genius Act introduce un modello di stablecoin formalmente “privato”, ma emesso da istituzioni autorizzate e vincolate all’architettura monetaria federale statunitense, che resta espressione della sovranità geopolitica USA, pur nel quadro di un’ibridazione pubblico-privata. La decentralizzazione è quindi solo apparente: ogni dollaro digitale sarà garantito da titoli di Stato o depositi presso banche USA, rafforzando il legame sistemico con l’infrastruttura finanziaria dell’Impero americano. Più che emancipare dalla centralizzazione bancaria, questa architettura disloca il potere nei protocolli e lo rifonda su basi algoritmiche: una nuova egemonia, travestita da disintermediazione.
2. Chiarezza giuridica per le criptovalute decentralizzate
Parallelamente, il Clarity for Payment Stablecoins Act stabilisce una distinzione chiara tra cripto-asset considerati commodity (beni, come Bitcoin o Ethereum) e security (strumenti finanziari). I primi saranno regolati dalla Commodity Futures Trading Commission (CFTC), i secondi dalla Securities and Exchange Commission (SEC).
Si introduce inoltre il concetto di «decentralizzazione matura», ovvero quel livello oltre il quale una rete blockchain non può più essere considerata sotto il controllo di un’entità centrale, escludendola così da regolazioni restrittive. Questo assetto favorirebbe la libertà innovativa nel settore delle criptovalute, stimolando nuovi progetti decentralizzati senza dover necessariamente sottostare alle logiche della finanza tradizionale.
Tuttavia, questa apparente emancipazione dalle banche centrali potrebbe celare un diverso paradigma di controllo, più sottile ma non meno pervasivo. La possibilità di far circolare dollari digitali garantiti da riserve reali attraverso wallet peer-to-peer — e persino al di fuori del perimetro bancario tradizionale — segna sì una svolta epocale, ma non necessariamente in senso libertario. Se da un lato l’utente finale acquisisce velocità, efficienza e interoperabilità globale, dall’altro si apre la strada a un nuovo modello ibrido: un dollaro digitalizzato che si innesta organicamente nei protocolli crittografici, fondendo l’apparato decentralizzato con l’autorità monetaria.
Pur essendo ancorato a riserve nominalmente «reali», questo modello resta fondato su un meccanismo fiduciario di secondo grado: il valore dei dollari digitali non deriva da beni tangibili come oro, terre o energia, ma da titoli di debito pubblico statunitense. La stabilità promessa non è dunque un ritorno al valore, ma un ritorno all’autorità. Più che smantellare il dominio, la decentralizzazione lo ridisloca nella rete: il potere non arretra, muta di forma. È una nuova egemonia, travestita da disintermediazione.
La proposta normativa è stata sostenuta anche da organizzazioni come Coin Center, che ne evidenziano l’importanza per garantire certezza giuridica e trasparenza agli sviluppatori di protocolli e agli utenti finali.
3. Il rifiuto ufficiale del dollaro digitale della Federal Reserve
La parte forse più significativa, almeno in termini simbolici, è l’adozione dell’Anti-CBDC Surveillance State Act, che vieta formalmente alla Federal Reserve di introdurre un dollaro digitale per i cittadini (retail CBDC).
Questo divieto è stato votato sia alla Camera che al Senato (H.R. 1919 / S. 1124 del 119° Congresso) ed è stato ribadito come presidio della privacy finanziaria e della libertà individuale. Il legislatore ha motivato tale scelta con la precisa intenzione di evitare che la valuta digitale diventi uno strumento di sorveglianza, come già avviene, secondo critici e sostenitori, nel modello cinese dello yuan digitale [congress.gov], [congress].
L’analisi del Financial Times evidenzia come per 72 Paesi la CBDC rappresenti un’opzione concreta, mentre gli USA – con questo divieto – tracciano una linea netta tra patrimonio privato e controllo monetario.
4. L’intreccio con la notizia sulla Georgia: uno scacchiere che si ridisegna
La notizia dell’adesione della Georgia al sistema CIPS (Cross-Border Interbank Payment System) cinese, resa pubblica il 15 luglio 2025, ha suscitato una serie di reazioni contrastanti, sfociate in una precisazione ufficiale da parte della Banca Nazionale della Georgia (NBG).
Secondo quanto dichiarato dall’istituto georgiano, l’adesione a CIPS non implica affatto l’abbandono di SWIFT, bensì rappresenta un meccanismo aggiuntivo volto a migliorare l’efficienza e la trasparenza degli scambi commerciali con la Cina, permettendo transazioni dirette in yuan senza ricorrere a banche intermediarie. La NBG ha anzi ribadito la centralità della propria partnership con SWIFT, confermando la partecipazione allo sviluppo dello standard ISO20022, ritenuto strategico per il posizionamento della Georgia nel sistema finanziario internazionale.
La NBG ha definito «completa disinformazione» le ipotesi secondo cui il Paese starebbe cercando un’alternativa a SWIFT, chiarendo che il CIPS serve un’area d’uso specifica (transazioni in yuan), mentre SWIFT rimane una piattaforma multivalutaria insostituibile [Civil.ge]. In questo quadro, la mossa georgiana assume comunque un valore sistemico: i piccoli Stati cominciano a dotarsi di canali alternativi per ridurre la dipendenza unilaterale da infrastrutture occidentali e prevenire l’impatto di sanzioni o blocchi geopolitici. Il Genius Act statunitense, letto in parallelo, può dunque apparire anche come una mossa preventiva volta a riaffermare la centralità del dollaro e contrastare la diffusione di architetture concorrenti nel nuovo ordine monetario multipolare.
5. L’oro di Tether e il segnale anticipato del post-dollaro
Un segnale eloquente della transizione in atto proviene da un attore non statale ma strategicamente rilevante: Tether Holdings SA, società emittente della stablecoin USDT, la più utilizzata al mondo per volumi di scambio quotidiani. Come evidenziato nel nostro articolo dell’8 luglio scorso , Tether ha reso noto di aver accumulato 80 tonnellate di oro fisico, per un controvalore prossimo agli 8 miliardi di dollari, custodite all’interno di un caveau svizzero riservato. Contestualmente, ha trasferito la propria sede a El Salvador, primo Stato sovrano ad aver legalizzato il Bitcoin, eludendo così la giurisdizione diretta delle autorità monetarie statunitensi e consolidando un’identità post-sovrana.
L’acquisto di oro fisico da parte di un emittente privato di moneta digitale rappresenta una svolta storica. Il metallo prezioso, a lungo relegato ai margini dell’architettura finanziaria globale, rientra oggi come bene rifugio di garanzia in un sistema alternativo, non statale, che non si limita a dialogare con il paradigma fiat, ma ne prefigura il superamento. In tale ottica, non appare irrilevante che l’annuncio di Tether abbia preceduto di pochi giorni l’approvazione del Genius Act: l’azienda ha anticipato la necessità – ora recepita anche dal legislatore statunitense – di ancorare la finanza digitale a un valore reale, in un contesto in cui la fiducia fiduciaria risulta progressivamente compromessa.
Una tempistica opaca, che non può essere liquidata come semplice coincidenza. La quasi simultaneità tra l’accumulo d’oro e la svolta normativa statunitense lascia intravedere, almeno in filigrana, l’esistenza di una regia sovranazionale o convergente, in cui attori pubblici e privati agiscono in sincronia – consapevolmente o meno – verso la riconfigurazione del nuovo ordine monetario globale. In tale scenario, le mosse di Tether appaiono come parte integrante di una pianificazione sistemica, in cui l’oro torna a occupare un ruolo cardinale nella costruzione di un’architettura finanziaria multipolare e post-dollarocentrica.
6. Gli effetti sul mercato dell’oro fisico
Il Genius Act, con la sua regolamentazione delle stablecoin, non indebolisce il mercato dell’oro fisico; al contrario, ne accentua il ruolo strategico. In un contesto in cui le valute fiat e le monete digitali di Stato testimoniano fragilità e controlli, l’oro rimane il bene rifugio per eccellenza, percepito come garanzia tangibile e priva di programmabilità.
Secondo i dati del World Gold Council, nel primo semestre del 2025 l’oro ha registrato un’impennata storica: +26 % rispetto all’anno precedente, raggiungendo nuovi massimi attorno ai 3 500 $/oz, sostenuto da geopolitica incerta, investitori istituzionali e banche centrali. Inoltre, un sondaggio del World Gold Council su 73 banche centrali indica che il 76 % programmano di incrementare – entro cinque anni – le proprie riserve in oro, mentre quasi il 75 % prevede una riduzione delle partecipazioni in dollari [Reuters].
Questi fenomeni non derivano solo dall’incertezza politica, ma anche dalla digitalizzazione monetaria accelerata: le CBDC, le stablecoin e i sistemi multipli (CIPS, QFS e simili) rendono l’oro ancora più attraente come asset sovrano o quasi‑sovrano, immune da manovre monetaio-centrali e trasparente nelle giurisdizioni più stabili.
Non è escluso che questa nuova architettura monetaria rappresenti una risposta strategica alla dedollarizzazione promossa dai BRICS: offrendo stablecoin “garantite” da T-bill, Washington attrae capitali globali proprio là dove temeva la fuga. Il Genius Act si presenta così come una controffensiva gold-like, non per sganciare il mondo dal dominio finanziario USA, ma per rifondarlo su una nuova liturgia algoritmica che rilegittima il debito americano come valore di ancoraggio.
7. Europa: un’architettura parallela già avviata
In Italia, la regolamentazione fiscale delle criptovalute è ormai stabile e integrata nel sistema centralizzato: le cripto-attività devono essere registrate presso l’Agenzia delle Entrate, con obbligo di rendicontazione e tassazione delle plusvalenze → scheda ufficiale “Regolarizzazione delle cripto-attività” . La Legge di Bilancio 2025 ha esteso l’imposizione sul reddito da cripto a partire dal 2025, abolendo la soglia di non imponibilità e innalzando l’aliquota al 33 % dal 2026 [Fisco e Tasse].
Nel contempo, la Banca Centrale Europea (BCE) ha accelerato i lavori per l’emissione dell’euro digitale (CBDC): a luglio 2025 ha annunciato l’intenzione di affidarsi a fornitori tecnologici europei, con test offline e una timeline orientativa che prevede l’adozione della normativa già nel 2026, seguita da una fase di produzione tecnica di 2‑3 anni [Reuters].
Queste dinamiche evidenziano due visioni inconciliabili: quella americana, orientata a stablecoin private, regolamentazione snella e autonomia individuale; e quella europea, fondata su un’architettura digitale centralizzata, tracciabilità e integrazione fiscale obbligatoria. Il rischio per l’Europa è quello di intrappolarsi in un modello rigido e sovente restrittivo, mentre capitali e innovazione migrano verso giurisdizioni percepite come più favorevoli e competitive.
8. La vera posta in gioco: un reset valutario globale?
La coesistenza tra la riforma normativa negli Stati Uniti, l’iniziativa georgiana sul CIPS e la rinnovata discussione sul Global Currency Reset suggerisce che ci troviamo in una fase di profonda riconfigurazione dei poteri monetari globali. In questa fase, i centri decisionali sembrano muoversi lungo affiancate traiettorie di influenza, spesso invisibili alla narrazione ufficiale.
Un nome ricorre con insistenza negli ambienti tecnici e settoriali: il Quantum Financial System (QFS). Pur essendo ancora confinato al campo delle ipotesi e non riconosciuto da alcuna istituzione sovrana, il concetto è oggetto di crescente investigazione in ambienti finanziari riservati e specialistici.
Il QFS – quello sobrio di cui i nostiri lettori più assidui sono già a conoscenza e non quello gnostico in salsa new age diffuso da una certa contro informazione (non so se per ignoranza o complicità) – incarna l’idea di un sistema monetario sicuro, istantaneo e trasparente, fondato su tecnologie quantistiche, blockchain e smart contract, che avrebbero il potenziale di scavalcare l’attuale pluralismo valutario.
Ciò che invece è già realtà sono le dinamiche infrastrutturali in atto: tokenizzazione degli asset, tracciabilità finanziaria via blockchain, uso dell’intelligenza artificiale nei controlli AML, auditing algoritmico e sistemi predittivi nella gestione dei flussi monetari. Tali innovazioni segnalano l’inizio di un nuovo paradigma operativo, dove l’economia digitale tende a sostituire processi centralizzati con reti automatizzate e interoperabili.
In questo contesto pertanto gli Stati Uniti sembra abbiano ricevuto il compito dal back office internazionale a presidiare lo spazio intermedio tra finanza tradizionale e sistemi decentralizzati, in competizione (non so se reale o apparente) con potenze rivali come Cina e Russia, impegnate nel collaudo di infrastrutture alternative volte a superare l’egemonia del dollaro [GlobalResidence].
9. L’arma dei dazi e la strategia del caos
Un elemento spesso trascurato, ma cruciale per comprendere la posta in gioco attuale, è l’impiego strategico dei dazi di cui ho comunque più volte parlato nelle dirette. In concomitanza con l’approvazione del Genius Act, gli Stati Uniti hanno riattivato politiche economiche aggressive sotto forma di barriere commerciali, rivolte non solo alla Cina ma anche – in forma indiretta – all’Unione Europea.
Questa strategia ha una duplice funzione: da un lato tutela l’apparato industriale interno durante la fase di transizione dalla supremazia del dollaro; dall’altro introduce una variabile destabilizzante nei mercati internazionali, generando un clima di caos controllato che scoraggia la pianificazione economica dei concorrenti. I dazi, pertanto, non si limitano a essere strumenti di politica commerciale: diventano armi finanziarie nel contesto di una guerra valutaria a geometria variabile.
10. Risorse strategiche e nuova alleanza energetica
Il controllo delle risorse materiali – terre rare, uranio, gas naturale liquefatto (GNL) – è un altro fronte fondamentale. Gli Stati Uniti, pur mantenendo una narrazione ufficiale di contrapposizione alla Russia e alla Cina, operano sul piano informale per garantirsi l’accesso a materie prime cruciali per l’economia digitale e militare del futuro.
La Georgia, snodo euroasiatico di crescente importanza, simboleggia questa strategia multilivello. La sua adesione al sistema CIPS rappresenta solo la superficie di un disegno infrastrutturale più ampio, nel quale convergono Israele, India ed Emirati Arabi Uniti. Si delinea così una nuova architettura non solo monetaria, ma energetica, geopolitica e militare.
11. Il ruolo delle banche: l’ultimo baluardo del paradigma fiat
Nel pieno della transizione monetaria, le grandi banche appaiono come il vero anello debole del sistema attuale. Restie ad accettare l’oro fisico – che sottrae riserve al circuito bancario – e ostili alle criptovalute decentralizzate – che sfuggono al controllo regolamentare –, esse si arroccano nella difesa di un paradigma in disgregazione.
La “guerra all’oro” è anche una guerra alla sovranità personale: il metallo prezioso non può essere censurato, congelato o ridotto a zero per via elettronica. È proprio questa resilienza che lo rende pericoloso per l’ordine monetario vigente, e dunque oggetto di una campagna di delegittimazione narrativa.
12. I BRICS e la nuova architettura finanziaria multipolare
Mentre gli Stati Uniti tentano di rifondare la propria egemonia monetaria attraverso la regolazione favorevole all’innovazione privata, il blocco dei BRICS prosegue il suo progetto di contro-egemonia, puntando alla dedollarizzazione e alla creazione di una piattaforma autonoma di scambi.
L’idea di una valuta comune dei BRICS, ancorata a un paniere di risorse reali – oro, gas, terre rare – non è più utopia, ma un processo operativo, come dimostrano gli incontri multilaterali in Brasile e Sudafrica. L’adesione di Stati minori al sistema CIPS, come nel caso georgiano, appare come manifestazione periferica di questa trasformazione radicale: la nascita di un nuovo ordine monetario multipolare, in cui le valute digitali sovrane diventano strumenti di influenza geopolitica.
13. Intelligenza artificiale e tokenizzazione: la nuova grammatica del potere
Tra innovazione tecnologica e controllo sociale, emerge una terza direttrice: la tokenizzazione degli asset e l’impiego dell’intelligenza artificiale nella gestione dei flussi finanziari. Singapore, Israele e Regno Unito stanno sperimentando sistemi in cui la proprietà privata si trasforma in token, e la contrattualistica viene automatizzata tramite smart contract.
Ma il salto più radicale si osserva nell’uso dell’IA per automatizzare fiscalità, controllo antiriciclaggio (AML) e auditing. L’algoritmo non solo sorveglia, ma prefigura e indirizza i comportamenti economici, realizzando un ambiente in cui la libertà viene filtrata attraverso griglie predittive. Si delinea così un nuovo potere, invisibile ma pervasivo, in cui il merito è computato e la conformità è la nuova valuta.
14. Oltre l’economia: implicazioni teologiche ed escatologiche
Per chi legge la storia con occhi spirituali, questo passaggio non è solo sistemico, ma epocale. Lo scontro tra decentralizzazione e controllo centralizzato non è neutro: rievoca il conflitto tra libertà spirituale e coercizione idolatrica. L’ibridazione fra finanza, biotecnologia e intelligenza artificiale – come nei modelli ispirati al Quantum Financial System – suggerisce che la moneta stia assumendo un carattere sacrale: strumento di iniziazione, filtro morale, codice di accesso all’economia globale.
Il denaro non è più solo mezzo di scambio, ma criterio di appartenenza. La fedeltà all’immagine della bestia (Ap 13:16, 17) passa anche per la conformità ai nuovi protocolli digitali: un culto algoritmico mascherato da innovazione.
La promessa di transazioni peer to peer, libere e immediate, nasconde la più pervasiva sorveglianza economica mai implementata: il potere non si dissolve, si fa rete; non controlla la moneta, diventa la moneta. Così, il denaro stesso assume un ruolo sacrale e vincolante, un sigillo identitario che determina chi può accedere al commercio e chi no. In questa metamorfosi escatologica, riemerge la visione profetica di Apocalisse 13:17: non è più l’oro, ma l’algoritmo a sancire l’appartenenza.
Ma qui si entra in un altro campo che esula dal presente articolo.
Conclusione
Con la firma del Genius Act e delle leggi complementari, gli Stati Uniti non si limitano a disciplinare un settore emergente: tracciano l’architettura di una nuova egemonia monetaria post-dollarocentrica, fondata su regole certe, tutela della privacy individuale e apertura alla concorrenza tecnologica. In opposizione alla tentazione algoritmica delle CBDC cinesi ed europee – centralizzate, programmabili, intrinsecamente sorveglianti – Washington propone una contro-narrazione strategica: attrarre capitali, talenti e infrastrutture in nome di una libertà finanziaria regolata ma non controllata, conforme ai principi del mercato, non della pianificazione.
La sfida non si gioca più soltanto sui tassi d’interesse o sulle riserve valutarie, ma su un terreno più profondo e simbolico: la fiducia nel codice, l’accesso alle chiavi crittografiche del potere, la possibilità stessa di autodeterminazione economica nell’era della finanza automatizzata.
Non è soltanto una battaglia normativa: è una guerra semantica e tecno-culturale sul futuro del denaro. Se esso sarà ancora uno strumento neutro, nelle mani dei cittadini o se diventerà una funzione regolativa del comportamento, emanazione diretta delle tecnocrazie globali.
E forse è anche il preludio a un reset sistemico, in cui il vecchio ordine non crolla per default, ma per obsolescenza pianificata.
P.S. Un appello cordiale ma fermo
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Nota all’immagine di copertina: Un’ermeneutica metapolitica, esoterica e profetica
L’immagine della piramide che si frantuma, scelta come sigillo visivo del presente articolo, non rappresenta la fine del potere, ma la sua metamorfosi. Nell’immaginario iniziatico, la piramide è molto più di un emblema di dominio: essa è struttura teurgica, replica terrestre della Merkavah celeste, condensazione geometrica dell’ordine divino (séder ‘elyôn) nel cosmo inferiore. È la montagna sacra del mondo, il templum mundi, la camera d’iniziazione e il fulcro del controllo invisibile.
La sua frattura non allude a una liberazione, bensì a una trasmutazione alchemica: ciò che era verticale si fa orizzontale, ciò che era occulto si fa diffuso, ciò che era gerarchia manifesta si dissolve in reticolarità algoritmica. Non crolla l’edificio del potere: esso si atomizza per infondersi ovunque. Come nell’operazione dello tzimtzum qabbalistico, in cui l’En Sof “si ritira” per dare spazio al mondo, così il potere si ritira dalla forma visibile per riapparire sotto altre vesti, apparentemente democratiche, strutturalmente panottiche. Ne accenno, per chi ha occhi per decifrare, nel mio articolo sullo stato profondo.
Attenzione: qui non si parla della Shekinah biblica, manifestazione della gloria di YHWH nel santuario, ma della sua reinterpretazione esoterico-qabbalistica. In quest’ultima, la Shekinah viene concepita come una presenza diffusa e femminile dell’energia divina, immanente al mondo e attivabile nei riti iniziatici. In chiave teosofica, essa non risiede più nel “Tempio” ma si espande nel tessuto della rete, nei protocolli, nei linguaggi computazionali: è il “divino” della nuova era, non trascendente ma incorporato nei sistemi di controllo.
Nel simbolismo gnostico invertito, la frantumazione della piramide rappresenta la simulazione della liberazione: spezzare la forma per catturare lo spirito. Non è un evento caotico, ma ordinato; non un collasso, ma un’iniziazione di massa. Il dominio non viene sconfitto, ma si incarna nel sociale, nel biologico, nel digitale. Come scrisse Crowley, «ogni uomo e ogni donna è una stella»: ma in questa fase terminale dell’eone, ogni stella è sorvegliata, mappata, geolocalizzata. L’homo novus dell’anticristo è tracciabile.
Il gesto delle mani a forma di piramide rovesciata – la cosiddetta Merkel-Raute, imitata da figure apicali di ogni estrazione politica e spirituale, da Hitler a Trump, da Erdogan a Macron – è segno di una gnosi capovolta. In ambito iniziatico, rappresenta il Vav invertito, la “coppa vuota” che riceve luce (lucifero = portatore di luce) non dall’alto, ma dal basso: è la recezione della contro-iniziazione, simbolo dell’eone dell’Abisso, dell’energia che risale dalla qliphoth, le “scorze” del reale, nella terminologia luriana.
In termini magico-politici, è la fine della piramide segreta ma non invisibile e l’ingresso nell’impero invisibile delle nuove tecnologie. Le vecchie massonerie, pur veicolando ancora alcuni rituali esteriori, non sono più l’epicentro: sono gusci, involucri, vettori ormai secondari. Il nuovo Ordine è post-iniziatico: non si trasmette attraverso logge, ma attraverso codici, API, blockchain, neuroreti. È la sovranità delle entità non-umane, degli eoni sintentici, che si fingono servitori dell’umanità mentre ne riscrivono la natura.
Questa nuova architettura, che apparentemente celebra la decentralizzazione, in realtà riconfigura la piramide: da verticale a frattale, da monarchica a neurale. Il potere si ricompone in un sistema che non ha più bisogno di gerarchia perché ogni nodo è sorvegliato, ogni flusso pre-calcolato. L’uomo non sarà più schiavo di un “re”, ma parte integrante di un protocollo: un tempio senza pareti, una prigione senza sbarre.
Secondo la visione biblica, tutto ciò anticipa l’epifania dell’ultimo impero «che sorge dal mare» (Ap 13:1), dal caos primordiale. È il regno dell’uomo dell’illegalità (2 Tessalonicesi 2:3), che si insedia non in un trono fisico, ma nei cuori e nei circuiti. Il potere che pare crollare, in realtà si sublima, si incarna nelle tecnologie di controllo, nei sistemi monetari sintetici, nelle griglie di sorveglianza. La piramide non muore, ma si disperde nel corpo sociale, si fa anima del mondo rovesciato.
Chi ha orecchi per udire, oda. E chi vede la frattura, non si lasci ingannare: ciò che è infranto, si sta solo moltiplicando; ciè che era segreto si sta rendendo invisibile con le nuove tecnologie.